PopVi mette all’asta la chiesa di S.Giorgio

Controproposta del quartiere: «Ci regali il complesso come risarcimento dei risparmiatori beffati»
DeMarchi Castelfranco cantiere chiesetta di San Giorgio fermo da anni
DeMarchi Castelfranco cantiere chiesetta di San Giorgio fermo da anni

CASTELFRANCO. La chiesetta di San Giorgio va all’asta. O meglio ci va tutto il compendio da tempo in stato di abbandono nell'omonimo quartiere tra cui appunto l’antico oratorio. A metterlo all'incanto è la Banca Popolare di Vicenza come pignoramento giudiziario per un valore base di 807.500 euro, offerta minima 607mila euro. È la seconda volta che si prova a cedere questa area di circa 2000 metri quadrati. Come si ricorderà, da un mese è iniziata una raccolta di firme per salvare la chiesetta a cui concorrono varie associazioni del quartiere. Che prendono la palla al balzo: perché la Popolare di Vicenza non regala l'oratorio alle associazioni che se ne prenderanno cura? Un'operazione simpatia che non farebbe proprio male all'istituto bancario, all'onore delle cronache per aspetti decisamente non positivi anche nella Castellana. L’operazione non può essere valutata su due piedi, ma la disponibilità ad accollarsi questo impegno c'è tutta. «Diciamo che sarebbe un bel gesto», dice Ubaldo Stocco a nome delle realtà che stanno raccogliendo le firme, «Certo non sarebbe finita qui perché occorrerà procedere ai restauri che non costeranno poco. D’altronde la chiesa è vincolata dalla Sovrintendenza ai beni artistici». Aspetto che potrebbe appesantire la cessione dell’area. E forse, “scorporando” la chiesetta l'asta sarebbe più appetibile. L’allarme per la chiesa di San Giorgio è scattato un mese fa. I residenti del quartiere hanno segnalato una situazione che definire di degrado è un eufemismo. A parte l’estrema pericolosità della struttura, tutto l'interno è incrostato dal guano dei colombi e disseminato di ogni tipo di immondizia lasciata da frequentatori notturni che spesso vi accendono anche dei falò. Triste destino per un edificio non solo punto di riferimento del quartiere, ma anche carico di storia, che non serve neanche tanto ricostruire perché è citata nella lapide in pietra sulla facciata. Faceva parte di un convento che fin dal 1192 ospitava un priorato benedettino. I monaci, secondo il motto del loro ordine ovvero “ora et labora” coltivavano i campi intorno fino al terrapieno su cui sorgono le mura di Castelfranco, di fatto coeve a questo complesso. Poi nel 1330 il convento divenne un ospizio per pellegrini che qui trovavano riparo nel cammino dalla Germania verso Roma. Nel 1665 fu una commenda di San Gregorio Barbarigo, vescovo di Padova e cardinale, un protagonista della riforma della Chiesa. L’ultimo restauro è avvenuto nel 1901, ormai più di un secolo fa Ma gli anni si sono fatti sentire. Nel 2000 avviene l'ultimo passaggio di proprietà, a cui sarebbero dovuti seguire il recupero della casa colonica, ultimo resto del convento, e il restauro della cappella. Invece una volta transennata l’area non è più successo nulla. Ora l'asta arrivata al secondo appello. (d.n.)

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