Polemiche sulla ristorazione trevigiana. «Paghe basse? Un barista costa 30 mila euro»

TREVISO. Camerieri e baristi a mille euro netti al mese? Paghe da fame nella ristorazione? I gestori di locali non ci stanno, e rispondono al fuoco di fila di testimonianze di dipendenti e sindacati.
«Siamo tutti d’accordo che il netto in busta paga per i dipendenti è basso» attacca Dania Sartorato, presidente provinciale Fipe (Federazione Pubblici Esercizi), «ma sapete quanto ci costa un barista o un cameriere? Dai 30 ai 40 mila euro l’anno. Servono agevolazioni fiscali per aumentare il netto in busta».
E anche i gestori del GingerAle, in via Fiumicelli, lamentano i costi eccessivi per le attività del settore, ribadendo di aver sempre trattato con dignità i dipendenti.
Buste paga leggere
Fipe evidenzia che, da contratto nazionale, il costo orario del lavoro include, per i datori, oneri previdenziali, trattamento di fine rapporto, oneri aggiuntivi di vario genere. «Un giovane cuoco under 30 assunto come apprendista a noi costa dai 20 ai 24 mila euro l’anno» spiega Sartorato, «una volta terminato l’apprendistato è già di quarto livello, e ci costa circa 32 mila euro. Un barista apprendista costa dai 18 ai 23 mila euro per 36 mesi di apprendistato, poi passa a circa 30 mila euro come quinto livello: per noi sono costi importanti».
Nonostante ciò, il dipendente trova buste paga molto più leggere. «Siamo i primi a dire che prendono poco» risponde Sartorato, «ma quando una persona vale, concediamo dei benefit in busta paga senza battere ciglio. Netto in busta paga e costo per l’azienda sono due partite da portare avanti insieme. Servirebbero agevolazioni fiscali per avvicinare i due estremi, un professionista soddisfatto sarebbe l’ideale anche per qualsiasi azienda del nostro settore vista la difficoltà a reperire personale».
La testimonianza
Edis e Ale, gestori del GingerAle, raccontano di avere «una dipendente a mezzo servizio (20 ore settimanali dal lunedì al venerdì), senza festivi né serali, che prende, come giustamente dovuto, uno stipendio di quasi 800 euro al mese per 14 mensilità, più un mese e mezzo tra ferie e permessi, con Tfr regolarmente riconosciuto di circa una mensilità ogni anno. Ci sembra un trattamento molto più che dignitoso».
E sottolineano come per un’azienda sia difficile far fronte a tutte le spese: «Pensate ai costi di gestione di un’attività come la nostra, cominciando dai buoni pasto arrivati a commissioni di quasi il 20%, ai costi per l’asporto dei rifiuti, aumentati nonostante la chiusura di due mesi, o ai canoni affittuari che ad alcuni non sono stati decurtati di un euro. E ancora, siamo trattati come untori della pandemia da più di un anno, cosa assolutamente falsa».
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