Pivato, il giorno della verità
Convocato un vertice con i sindacati: «Impresa poco trasparente»

Il cantiere di Onè
Si conoscerà domani mattina il destino del Gruppo Pivato di Onè di Fonte, una delle storiche imprese di costruzioni trevigiane al centro di una difficile crisi di liquidità e di fatto «commissariata» dalle banche. Ai cancelli della sede di Onè di Fonte, tra i lavoratori, cresce l'ansia: «Non ci hanno ancora detto niente», dicono. Anche il sindaco di Fonte, Massimo Tondi, si associa all'ansia dei dipendenti: «E' l'impresa del paese, sono molto preoccupato».
Diverse le strade sul tappeto: la vendita degli appalti (l'azienda ha un portafoglio ordini abbastana cospicuo), un concordato preventivo che consente all'impresa di ripartire più «leggera», una drastica cura dimagrante che coinvolga molti dei centocinquanta lavoratori dipendenti. Fondata da Guerrino Pivato nel 1946, cresciuta coi figli Adriano, Valdemiro, Armando, Dante e Giancarlo, l'azienda dal 2003 era guidata da Guerrino Pivato junior, nipote del fondatore e figlio di Adriano. Portato la firma di Pivato l'autostrada del Brennero, la bretella di Tessari, gli stabilimenti Cementi Piave e Benetton, la sede di Veneto Banca. La crisi dell'edilizia, il rallentamento dei pagamenti delle pubbliche commesse, la ramificazione societaria e una forte esposizione finanziaria hanno portato allo stop decretato dalle banche la scorsa estate. Gli istituti di credito hanno imposto un manager di fiducia, Luciano Favero, e di fatto estromesso la famiglia. Adesso tra i dipendenti sale la preoccupazione: nell'incertezza generale c'è chi corre ai ripari cercando un altro posto di lavoro. A casa gli addetti assunti con contratti a tempo determinato, altri sono già in cassa integrazione. «Ancora non conosciamo realmente le prospettive ci aspettano - commenta Roberto Meneghello, dipendente e Rsu Cgil - aspettiamo venerdì per valutare la situazione. Ma l'azienda sia più trasparente». Secondo i lavoratori, infatti, l'impresa non è stata trasparente: «Adesso a rimetterci, come spesso succede in questi casi, sono gli operai dello stabilimento e di conseguenza le loro famiglie. La situazione è davvero critica». Possibili anche forme di contestazione nel caso si decidesse di «svuotare» l'impresa di Onè vendendo le commesse al miglior offerente (si parla di un'impresa romana). Molto critico con la gestione della vertenza anche il sindacalista Cgil Loris Dottor: «Siamo pronti ad azioni di lotta importanti: non pensino di salvaguardare unicamente gli interessi degli azionisti, qui c'è in ballo il futuro di centocinquanta lavoratori. La Pivato deve avere un futuro industriale». (v.m.)
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