Pillon, un araldo di paese e verace “passepartout” per il giornalista di città

Cordoglio a Breda di Piave per la scomparsa di Galliano che per quasi 40 anni ha scritto per la “tribuna di Treviso” 
prandii agenzia foto film breda di piave deceduto galliano pillon
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il ricordo

«Scolta, Bea vita! Go na bea storieta par ti». Cominciava così e non si sapeva dove si sarebbe andati a finire. Per noi, che abbiamo fatto il giornale locale credendo nella capillarità e nel racconto anche "basso" ma verace, il corrispondente dal paese è stato sempre una figura importante, addirittura mitizzata da chi stava nella "cucina" del quotidiano. In questi giorni da pensionato recluso, la “tribuna” mi ha stupito per la puntualità e la cura con cui, grazie a questi preziosi gnomi brulicanti e invincibili, in azione a dispetto della Grande Paralisi, ha dato il racconto del territorio attraverso i suoi lutti. Lutti singoli assurti a mosaico, affresco di persone, personaggi, mestieri, carriere e nobiltà plebee. In questo affresco, l'imprenditore, l'alpino, la perpetua e l'insegnante, l'organizzatore della sagra e l'ottimo geometra comunale, con la loro vita e perfino la loro progenie, hanno avuto dignità di racconto, grazie alle alle sottili annotazioni dei corrispondenti dal singolo paese.

La scomparsa di uno di questi, l'Invincibile (ma vinto dal male) Galliano Pillon, mi offre l'occasione per inserire anche lui, rappresentante di questi preziosissimi "pittori operai", nel grande affresco della cronaca locale che il coronavirus ci ha costretto a fare in questi giorni. Galliano, che aveva iniziato a collaborare dal primo giorno, esibendo fiero un tesserino di collaboratore letteralmente inventato dal caporedattore dei primi anni 80, a suo modo era un fuoriclasse di quel giornalismo nato alla fine degli anni 70 e che, forse, la pandemia costringerà a mutare pelle. Eravamo belli, io e il mio Caronte, con le scarpe infangate in giro per le campagne, sulle tracce di un tristo delitto provocato, forse, dalla faticata condivisione di una bella (?)badante da parte di due rissosi ed etilici anziani. Lui era il mio garante e il mio passepartout in un mondo di periferie che diversamente avrebbe respinto il giornalista "de cità" . E fu così che ci ritrovammo poi fianco a fianco, il mio Caronte/Galliano e io, anche in un tenace e dettagliato racconto della "Marca a luci rosse", una galoppata per locali e situazioni equivoche dalla quale emerse il ritratto, spesso inverecondo, dei piccoli inconfessabili vizi di un Nordest che, con il gonfiarsi del portafogli, esibiva anche una iperatività sessuale, a pagamento o giù di lì.

Quando mi hanno detto che Galliano se n'è andato "pa i so formentoni", è stato come veder chiudersi la finestra su un mondo, sulla mia-nostra storia professionale. Finita questa buriana che c'impiedisce anche di salutare il funerale di un amico, ci ritroveremo come un tempo, Nic fotografo, un po' di vecchia guardia e un po' del mondo privato di Galliano, da Faloppa, attovagliati, a ricordare il "corrispondente che fu", e a celebrare chi ne ha raccolto, con fierezza, il testimone. Ciao, Bea vita! —

Toni frigo

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La redazione e i poligrafici della “tribuna” sono vicini alla famiglia Pillon in questo doloroso momento.

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