Pieve di Soligo: trapiantato di cuore 25 anni fa, festa con i figli del donatore

Pieve di Soligo, monsignor Giuseppe Nadal ha scelto un evento speciale per il fratello Tranquillo “Alla Colomba” arriveranno anche i medici che il 19 settembre 1991 eseguirono l’intervento a Padova
Ferrazza Refrontolo Santa messa al Molinetto della Croda, Don Giuseppe Nadal
Ferrazza Refrontolo Santa messa al Molinetto della Croda, Don Giuseppe Nadal

PIEVE DI SOLIGO. La scienza ha restituito al parroco un fratello che, senza l’intervento dei medici, oggi molto probabilmente non starebbe festeggiando i suoi 80 anni in buona forma. E quel prete, monsignor Giuseppe Nadal, parroco di Pieve di Soligo e Refrontolo, ha deciso di ringraziare la scienza a modo suo: con un invito a pranzo per i medici che 25 anni fa operarono il trapianto di cuore a suo fratello Tranquillo. Quella di domani, al ristorante “Alla Colomba” di Pieve di Soligo, sarà una festa speciale, in cui siederanno a tavola anche la moglie e i figli di quel donatore lombardo che tanti anni fa salvò la vita al signor Tranquillo Nadal. Prima, però, la messa in Duomo alle 10, perché anche la Provvidenza, all’epoca, ci mise una grossa mano. Tra gli invitati c’è anche il professor Ugolino Livi, oggi dirigente dell’azienda ospedaliera di Udine, nel 1991 alla guida dell’équipe che, il giorno 19 settembre, a Padova operò con successo il signor Tranquillo.

Fu uno dei primi trapianti di cuore in Italia di sempre, visto che il primo in assoluto, l’operazione (ormai entrata nella storia) del professor Vincenzo Gallucci, si tenne proprio a Padova appena sei anni prima. Il signor Nadal, oggi ottantenne e residente a Santa Maria del Piave, da cinque anni soffriva di una grave miocardiopatia dilatativa, e da due anni e mezzo era in attesa di trapianto. Fu chiamato all’improvviso, a mezzanotte, dall’ospedale di Padova, il giorno dopo si sottopose a un intervento lungo quattro ore: il cuore arrivò da un uomo di 45 anni di Cremona rimasto vittima di un ictus. In questi 25 anni Tranquillo Nadal si è spostato, ha avuto tre figli e due nipoti, una vita normale. Il fratello, don Giuseppe, ha cercato fin da subito di capire chi ci fosse dietro quel gesto di grande generosità che gli salvò la vita. Dopo cinque anni di riserbo assoluto da parte delle autorità mediche, dopo una serie di ricerche riuscì a stabilire un contatto con la famiglia del donatore. Che non rifiutò mai di parlarsi, incontrarsi, conoscersi. «Ci eravamo già incontrati per il ventesimo anniversario, è una famiglia meravigliosa, anche domani arriveranno in sette» spiega don Giuseppe «questo pranzo vuole essere solo un gesto di riconoscenza, e un modo per ringraziare chi ha fatto tanto per Tranquillo, compresi tutti gli altri medici degli ospedali di Padova, Udine, Treviso e Conegliano, che nel tempo hanno assistito mio fratello. Perché, sapete, sette anni fa gli hanno trapiantato anche i reni».

Un gesto di riconoscenza, ma non solo, perché alla “Colomba” sono stati invitati anche i rappresentanti locali dell’Aido, l’associazione dei donatori di organi. «Le persone che scelgono di donare i proprio organi fanno un dono stupendo al prossimo» spiega ancora don Giuseppe «è prezioso dare agli altri qualcosa di sé, permettendo loro di continuare a vivere». La notizia della singolare iniziativa ha già fatto il giro del paese, e don Giuseppe si augura anche che, oltre all’entusiasmo per il pranzo, riesca a portare in Duomo per la messa delle 10 anche qualche fedele in più del solito. Il parroco non si aspettava che il suo gesto diventasse di pubblico dominio: «Mio fratello voleva che tutto rimanesse nella sfera domestica, un segno di riconoscimento silenzioso». E la storia è ancora più bella perché domani, nella stessa cerimonia, don Giuseppe festeggerà anche due anniversari di nozze, rispettivamente d’argento e d’oro, di due solidissime coppie del paese.

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