«Persi 80 milioni di euro, Consoli ci ha truffato»
Nuovi guai per Vincenzo Consoli, 71 anni, ex amministratore delegato e direttore generale di Veneto Banca. In un procedimento parallelo ai diversi filoni della maxi inchiesta che vede, tra l’altro, l’ex numero uno dell’istituto montebellunese imputato di ostacolo alla vigilanza, falso in prospetto e aggiotaggio, Consoli è stato portato davanti al giudice monocratico per una presunta truffa legata all’assorbimento di Bim, Banca Intermobiliare spa, da parte dell’istituto di credito montebellunese.
scambio di azioni
Ad accusarlo un imprenditore e un banchiere torinesi, Claudio Giovannone e Pietro D’Aguì, che attraverso la società Co.Fi.To, detenevano la maggioranza (oltre il 52 per cento) delle azioni di Bim. L’acquisizione della banca piemontese, all’epoca molto florida, con un enorme pacchetto clienti e una vasta raccolta di denaro, avvenne nel 2008, in parole povere, attraverso uno scambio di azioni tra D’Aguì e Giovannone e Veneto Banca. Il danno che D’Aguì e Giovannone lamentano è di oltre 80 milioni di euro in quanto poi le azioni dell’istituto di credito guidato da Consoli si rivelarono carta straccia.
carta straccia
Non a caso, il sostituto procuratore Massimo De Bortoli contesta all’ex ad e direttore generale di aver procurato a Veneto Banca un ingiusto profitto consistito «nell’ottenere le azioni della società Co.Fi.To. spa senza alcun esborso di denaro, ma con la cessione di titoli» dell’istituto montebellunese «che Consoli sapeva essere sopravvalutati e che, pur essendosi impegnato al riacquisto degli stessi, dissimulando il preordinato proposito di non adempiere integralmente agli accordi, successivamente li riacquistava solo in parte». In altre parole D’Aguì e Giovannone, una volta che il patto di assorbimento di Bim in Veneto Banca era stato concluso, si sono ritrovati con azioni che, nel corso degli anni, hanno progressivamente diminuito il loro valore fino a rimanere con un pugno di mosche in mano, quando il 23 giugno 2017 la banca Centrale Europea accertò il dissesto dell’istituto di credito montebellunese. «Inoltre D’Aguì - si legge del capo d’accusa - nell’ottobre del 2015 si vide comunicare da Veneto Banca l’obbligo di immediato rientro di 32 milioni di un finanziamento concessogli e nel febbraio 2016 si vide comunicare che la banca avrebbe provveduto, da lì a pochi giorni, alla vendita dei titoli dati in pegno (14 milioni di azioni Bim il cui valore in quel momento era di circa 27 milioni)».
Il processo
D’Aguì e Giovannone si sono costituiti parte civile con l’avvocato Michele Gentiloni Silveri del foro di Roma ed hanno chiesto al giudice di citare come responsabili civili Veneto Banca e Banca Intesa che l’ha rilevata. Ieri mattina, il giudice Francesco Sartorio s’è astenuto in quanto la moglie lavora in uno studio legale che ha avuto come clienti i due istituti di credito. Si torna in aula il 7 dicembre davanti ad un altro giudice. —
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