Pd e Telefono rosa sparano su Tronchin

Preganziol, bufera sull’assessore che ha solidarizzato con don Corsi. Lui rilancia: «La parte debole della coppia è l’uomo»
Di Rubina Bon
PASSERINI TREVISO CONSIGLIO PROVINCIALE A SAN ARTEMIO, IN FOTO FLORIANA CASELLATO agenzia fotografica fotofilm
PASSERINI TREVISO CONSIGLIO PROVINCIALE A SAN ARTEMIO, IN FOTO FLORIANA CASELLATO agenzia fotografica fotofilm

PREGANZIOL. Mentre l'assessore all'Urbanistica Simone Tronchin, dopo la sua presa di posizione choc su Facebook, cerca di spiegare il proprio sostegno a don Piero Corsi (il parroco di Lerici che aveva appeso sulla bacheca della parrocchia il discusso volantino sul femminicidio) sul caso che dalla Liguria è rimbalzato a Preganziol si susseguono reazioni e polemiche. Anzi tutto quelle dell'opposizione in consiglio comunale. «Sono sconcertato, non è possibile allinearsi ai discorsi di quel prete che sono fuori dal tempo», denuncia Franco Zanata, ex sindaco ora in minoranza, «spero davvero che quella espressa da Tronchin sia la sua personale posizione e non trovi consensi all'interno del suo gruppo politico o all'interno della maggioranza». E la consigliera provinciale del Pd Floriana Casellato: «Consiglio al sindaco di Preganziol di far entrare una donna in giunta». L'assessore pidiellino finito al centro del caso per la sua frase “Io sono con don Corsi!” lasciata su Facebook, ieri ha voluto chiarire la propria posizione, prendendo le distanze dalle “monate da bar” che il sacerdote ha espresso sui comportamenti femminili che provocherebbero la violenza maschile, ma sostanzialmente confermando la sua solidarietà al prete. «Quando ho scritto su Facebook 'sto con don Corsi', intendevo dire che solidarizzo con lui nel momento in cui viene fatto oggetto di una gogna mediatica per la produzione di un documento con il quale, penso, volesse solo aprire un dibattito o indagare più a fondo i motivi per cui accadono certe cose». In merito ai contenuti del volantino, in ogni caso, l'amministratore preganziolese afferma di riconoscersi in alcune parti dello scritto. «Ad esempio quando don Corsi si chiede se l'aborto debba essere classificato o meno come un crimine. È un dubbio che molti nel mondo cattolico si stanno ponendo», chiarisce, «alla base dei delitti di cui le donne sono vittime ci sarebbe probabilmente la crisi della famiglia, con divorzi che si ottengono con estrema rapidità e che mettono nelle condizioni di subire le maggiori sofferenze l'uomo, vera parte debole della coppia. È chi si trova in condizioni psicologiche più vulnerabili che rischia di reagire in maniera distorta e sbagliata». Anche su Facebook Tronchin ha voluto mettere nero su bianco la propria posizione, cercando così di chiudere il caso. È lo stesso assessore pidiellino, poi, ad affermare che al momento non vi è stata alcuna conseguenza a livello di amministrazione comunale per la sua uscita. Il sindaco Sergio Marton si trincera dietro un “no comment”. In molti comunque, anche fuori microfono, hanno giudicato quantomeno inopportuna la presa di posizione di Tronchin in quanto cittadino che riveste una carica pubblica. «L'assessore è libero di esprimersi, ma serve anzitutto il rispetto uomo-donna», aggiunge Rita Giannetti, presidente della sezione trevigiana di Telefono Rosa. E la consigliera comunale Rita Pillon (Pd): «Facile dare sempre la colpa alle donne, è la cosa più semplice perché purtroppo c'è questa cultura diffusa».

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