Dal carcere al Vaticano, Papa Leone incontra i detenuti di Santa Bona

Il pellegrinaggio giubilare a Roma di una delegazione trevigiana. Tra loro anche tre minori che stanno scontando pene alternative. Al Pontefice in dono una torta a forma di leone di San Marco

Andrea Dossi
L’abbraccio tra Papa Leone e un detenuto, dietro il vescovo Tomasi
L’abbraccio tra Papa Leone e un detenuto, dietro il vescovo Tomasi

Un incontro carico di emozione ha concluso il pellegrinaggio giubilare a Roma di una delegazione trevigiana. Al termine dell’udienza generale di mercoledì, Papa Leone ha accolto e salutato personalmente due detenuti del carcere di Treviso e tre giovani, ex ospiti dell’istituto penale minorile e ora impegnati in misure alternative.

L’iniziativa, frutto della collaborazione tra le direzioni dei due istituti, la Caritas e la cappellania del carcere (con don Otello Bisetto e don Pietro Zardo), ha visto la partecipazione anche del vescovo di Treviso Michele Tomasi. I partecipanti hanno omaggiato il pontefice con alcuni doni, tra cui un particolare dolce a forma di leone di San Marco, preparato da un detenuto. Un gesto accompagnato da una frase che ha suscitato un grande sorriso nel Papa: «Il leone dell’evangelista Marco proteggerà Leone».

«Quello che mi è successo oggi è stato un dono di Dio, l’incontro più bello della mia vita», ha detto il detenuto che ha preparato la torta. Un altro si è detto onorato di «ricevere la benedizione del Papa per la mia famiglia, che sta passando un brutto periodo per problemi di salute». Un altro ha ringraziato per l’opportunità di partecipare a «questa attività unica, che mai mi sarei aspettato».

Dal Papa, i detenuti e i giovani hanno ricevuto parole di incoraggiamento e ascolto per i loro percorsi di vita. Tomasi racconta l’incontro come un momento di intensa emozione. Il saluto e l’ascolto di Papa Leone, aggiunge, «hanno permesso a storie di vita e di riscatto di incontrarsi». Tomasi aggiunge che l’accoglienza del Papa è un invito a «dare nuove possibilità» e a costruire «una civiltà dove la fraternità diventi norma, nella giustizia e nella verità, ma soprattutto nel rispetto della dignità di ogni persona».

La direttrice dell’Ipm, Barbara Fontana, condivide questa «emozione unica» nell’accompagnare i tre ragazzi che stanno costruendo il loro futuro: «Vedere l’emozione nei loro occhi e la speranza di cui oggi il Papa ha parlato, speranza che è il motore della vita, soprattutto per chi è inciampato e ora cerca faticosamente di riappropriarsi di un futuro, restituisce senso al lavoro di tutti gli operatori della giustizia». 

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