Paese, San Benedetto vuole riaprire i pozzi: Fonte della rondine in gara

La Regione apre il concorso per i prelievi dalle sorgenti sotto lo stabilimento, sono inattive dal 2016

Federico De Wolanski
La mappa dell'area della concessione
La mappa dell'area della concessione

A distanza di quasi vent’anni da quando gli ambientalisti manifestarono a Venezia contro la coltivazione della Fonte della rondine, tra via Nazionale e la ferrovia a Paese, la Regione ha rimesso in gara la concessione mineraria nei terreni dove sorge lo stabilimento San Benedetto. A chiedere di riaprire i rubinetti autorizzati nel 2004 è stata la stessa la ditta Acqua Minerale San Benedetto S.p.a., iniziale titolare dell’autorizzazione ai prelievi scaduta però dal 2016.

La fonte

È costituita da due pozzi, entrambi ricadenti nell’area della dittà, profondi rispettivamente 251 metri nel sottosuolo e 322 metri, tutti già attrezzati a inizio del Duemila quando i prelievi per imbottigliamento vennero autorizzati «previo trattamento dell’acqua con aria arricchita di ozono per la separazione degli elementi instabili».

La San Benedetto, all’epoca, dovette fare i conti con diverse obiezioni ai prelievi che portarono alla calmierazione dell’emungimento di falda da 40 litri al secondo a venti, ed operò solo nel breve periodo rinunciando poi alla coltivazione facendo scadere la concessione, inattiva. Nel 2021, anche sulla base delle evoluzioni del mercato, la lettera con cui ha manifestato alla Regione il proprio interesse a partecipare alle procedure finalizzare all’assegnazione della concessione mineraria.

Il bando

È stato pubblicato nei giorni scorsi, riaprendo una pratica che a Paese sembrava archiviata con una procedura a evidenza pubblica che vede come prima interessata la San Benedetto, ma potrebbe di fatto anche interessare altre società del mercato delle acque minerali.

Pur essendo all’interno dell’area San Benedetto, «l’assegnazione della concessione dà diritto alla captazione esclusiva e all’utilizzo della risorsa mineraria e non comporta alcun diritto sulle proprietà ricadenti nell’area di concessione né su eventuali opere diverse dalle pertinenze minerarie» all’interno dell’area in cui sorgono i pozzi la cui portata resta nei limiti fissati dopo il dibattito ambientalista che tenne banco per settimane tra 2004 e 2006 con le manifestazioni di PaeseAmbiente.

Uno dei punti di prelievo
Uno dei punti di prelievo

La portata aumentabile e i controlli

E proprio sui termini del prelievo però è ora lo stesso bando a lasciare la porta aperta ad una possibile modifica, in aumento. «L’eventuale aumento della portata massima estraibile» sottolinea infatti il disciplinare di gara, «potrà essere approvata dalla Direzione regionale Difesa del Suolo e della Costa, dopo il conferimento della concessione, previo monitoraggio della falda effettuato per un periodo atto a confermare la compatibilità dell’emungimento con le caratteristiche idrogeologiche locali».

A chiedere i controlli erano stai proprio gli ambientalisti anni fa. «Il programma di monitoraggio dovrà essere approvato dalla Direzione regionale competente» sottolinea poi la Regione, «e dovrà essere effettuato dalla ditta concessionaria, con la supervisione di Arpav in collaborazione con un rappresentante tecnico designato dal Comune e uno dalla Provincia».

Fino al 2047, a 23 mila euro l’anno

La durata della concessione sarà di 21 anni, quindi di qui al 2047. Per ogni anno di attività e titolarità della concessione il vincitore della gara dovrà corrispondere una cifra poco più se simbolica: 23 mila euro circa all’anno. A cui si aggiungono, solo per il primo anno: 20 mila euro per i due pozzi.

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