Ospedali di comunità, Pederobba si ribella

CASTELFRANCO. Ospedali di comunità, l’ipotesi che uno venga realizzato a Montebelluna fa alzare gli scudi a Pederobba, dove invece si vorrebbe trovasse qui sede uno delle quattro strutture previste per la Usl 8. «La questione deve essere ancora posta all’attenzione della conferenza dei sindaci», dice il sindaco Raffaele Baratto, «quindi non c’è nulla di deciso dopo l’approvazione delle schede ospedaliere. Occorre tenere presente che il nostro ex ospedale ha tutte le carte in regola per diventare ospedale di comunità. Ci sono stati importanti investimenti non solo a favore di un centro per la disabilità, per la non autosufficienza e per gli anziani, ma anche proprio in riferimento a questa nuova tipologia di struttura sanitaria intermedia».
I quattro ospedali di comunità riassorbiranno i 75 posti di lungodegenza tagliati dalle schede ospedaliere e serviranno per la cura dei malati post acuti, dimessi dagli ospedali di Montebelluna e Castelfranco: e la scelta si compirà tenendo presente la disponibilità di una struttura che abbia al suo interno poliambulatori, Utap, centri di prevenzione e residenze sanitarie assistite. Già annunciato che una delle sedi sarà Crespano, mentre Valdobbiadene sarà dedicata alla riabilitazione ortopedica. In riferimento al bacino della Castellana, la scelta potrebbe cadere su Castelfranco, dove ospedale e casa di riposo sono confinanti. Rimane un posto libero.
Ed è su questo che si punta a Pederobba. Ovvero di poter offrire anche alle Opere Pie sia posti di ospedale di comunità che di riabilitazione: «Rispetto alle risorse destinate al sociosanitario e quindi ai 1.463 posti per persone non autosufficienti della Usl 8, e ai quasi altrettanti lavoratori, osservo invece che dare solo a quattro centri queste risorse penalizzerebbe enormemente gli esclusi», dice il presidente Albino Bistacco, «Se lo spirito è quello di avvicinare i servizi per i post acuti ai cittadini, allora si devono valorizzare tutte le strutture in grado di offrire questo servizio, come lo è la nostra, e dove sono stati investiti dieci milioni di euro per continuare ad offrire un servizio assistenziale».
La proposta è dunque quella di “spacchettare” i posti letto degli ospedali di comunità e non concentrarli in quattro strutture: «Gli esempi già ci sono», conclude Bistacco, «l’Usl di Conegliano-Vittorio Veneto dal 2007 ha aperto in tutte le case di riposo nuclei piccoli, da 3 sino a 13 posti destinati all'identico servizio deputato per gli ospedali di comunità: idem in quella di Treviso. Anche nella nostra Usl esiste una rete diffusa di case di riposo, non si vede perché anche qui non si possano ripetere le stesse esperienze, garantendo la vicinanza e la libertà di scelta al cittadino».
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