Orologio delle Poste fermo da due anni «È ora di aggiustarlo»

Le lancette dell’orologio della facciata del palazzo delle Poste, in piazza Vittoria a Treviso, da oltre due anni sono inesorabilmente ferme: una situazione non più tollerabile per Sergio Gambarotto, ex farmacista di 85 anni – tanti quanti l’orologio – che ha intrapreso una piccola ma tenace battaglia perché il meccanismo torni presto in funzione.
La prima ragione per cui chiede che il grande quadrante venga riparato è banalmente logica, un orologio non può restare insensibile al fluire del tempo. Ma ne fa anche una questione di decoro, perché non è questa l’immagine che vorrebbe che la città desse di sé. «Tanto più che il meccanismo campeggia sul palazzo delle Poste: la sua immobilità non è certo il miglior biglietto da visita per un servizio che dovrebbe fondarsi sulla puntualità», ironizza l’ex farmacista e ricorda come anche Angelo Pintus, durante la puntata trevigiana del suo Karaoke, qualche settimana fa, non abbia risparmiato le battute sulle lancette ferme.
Pur avendo lavorato a Marghera, dove per sessant’anni ha gestito la farmacia Alla Salute, Gambarotto ha sempre vissuto in centro storico, prima e dopo l’incontro con la moglie Mirella, avvenuto sui banchi del liceo scientifico Leonardo da Vinci. Treviso è stata il teatro di una vita e per questo ne amano ogni angolo e, sì, soffrono per ogni segnale di abbandono e degrado.
Dunque oggi, per loro, è naturale chiedersi perché quell’orologio – che nel 1944 ha resistito alla pioggia di bombe continuando imperterrito a scandire l’alternanza delle vicende della piazza – ora debba rimanere bloccato alle 4 e 50.
Il signor Sergio ogni mattina compie il suo rituale giro, da ponte San Martino verso Piazza dei Signori, dove troneggia l’altro “signore del tempo” della città, l’orologio della Torre civica, e poi piazza Pio X, piazza Vittoria e di nuovo a casa.
Ogni mattina, fino più o meno a due anni fa, alzava gli occhi verso il palazzo delle Poste per controllare l’ora e, se era il caso, aggiornava il proprio orologio, proprio come faceva con gli amici da ragazzo: «Controllare che i meccanismi di piazza Vittoria e Piazza dei Signori fossero sincronizzati era il nostro gioco», ricorda, «anche perché in quegli anni pochi potevano vantarne uno da polso».
Poi, un giorno, le lancette del palazzo delle Poste hanno smesso di girare, arrestandosi alle 12. Da allora Gambarotto, ad ogni passaggio per la piazza, ha sperato nella sorpresa di vedere di nuovo scorrere il tempo, ma nulla, fino a che, un giorno di ottobre dello scorso anno, ha chiesto spiegazioni alle Poste.
«Attendevo di incontrare la segretaria per un colloquio precedentemente concordato», racconta, «quando una signora con tono autoritario mi disse: “Che ci fa lei qui?”. “Attendo di essere ricevuto dalla segretaria, anche se, a dire il vero, vorrei parlare con il direttore”. “Sono io il direttore! Ma perché lei vorrebbe parlare proprio con il direttore?”. “Per l’orologio del palazzo, fermo purtroppo da molto tempo con le lancette sulle 12”. “L’ho notato anche io, ma mi è stato riferito che non si può riparare. Ma a lei perché interessa?”. “Perché sono un cittadino che desidera che l’orologio torni a funzionare. Se, come le hanno detto, non fosse proprio possibile riparare l’ingranaggio inceppato, sarà sempre possibile sostituirlo”».
Il risultato, qualche giorno più tardi, fu un unico, solitario scatto delle lancette, dalle 12 alle 4 e 50. Un cambiamento minimo, che, tuttavia, a chi vive la quotidianità della piazza non è sfuggito: lo hanno colto i fruttivendoli dell’Ortofrutticola Tasca, come pure la titolare dell’Ottica Molinari, che, divertita, racconta come l’orologio sia il punto che suggerisce di fissare ai clienti per la prova delle lenti e, non di rado, capiti che qualcuno sobbalzi chiedendo: «Santo Cielo! Già le 5 meno dieci?».
Nei negozianti e negli abitanti della piazza è viva la convinzione che il grande orologio debba scandire i tempi della collettività: ora che il tempo è un concetto sempre più individuale, è un valore non scontato.
E oggi sembrano averlo capito anche le Poste, che – pur sottolineando la difficoltà a reperire i pezzi di ricambio – si augurano che il meccanismo possa essere presto restituito alla città.
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