Operaio morì in fabbrica, titolare patteggia
L’esplosione di un estintore alla Sita di Paese costò la vita a Silvano Agnoletto. Dieci mesi a Ficarra

POLONI AG.FOTOFILM PORCELLENGO DECEDUTO SUL LAVORO DEITTA SITA
Era il tardo pomeriggio del 18 febbraio 2016 quando un’esplosione, nel capannone attiguo alla sede della Sita di Porcellengo, in via Baldrocco, causò la morte di un operaio, Silvano Agnoletto, 55 anni, padre di due figli, una persona molto nota a Paese. Per quella morte, ieri mattina, il titolare dell’azienda, Alfonso Ficarra (assistito dall’avvocato Christian Fornasier), ha patteggiato una pena di 10 mesi di reclusione per omicidio colposo. La vicenda, dolorosa sia per familiari che per il titolare della Sita, che vedeva nella vittima non solo un dipendente ma anche un amico, si è conclusa così in un’udienza in camera di consiglio, davanti al giudice delle udienze preliminari Angelo Mascolo, che ha ratificato l’accordo di patteggiamento raggiunto tra la pubblica accusa con il pm Barbara Sabattini, e la difesa con l’avvocato Fornasier. Il patteggiamento innesca ora un procedimento civile per il risarcimento dei familiari.
La vicenda, come detto, risale al tardo pomeriggio del 18 febbraio dell’anno scorso. Agnoletto, inquadrato alla "Sita" come "tecnico senior", esperto delle attrezzature da lui utilizzate, stava effettuando la manutenzione su alcuni estintori. Non c’erano testimoni diretti del fatto, ma solo alcuni colleghi che erano stati richiamati nel capannone dopo aver udito un boato che avevano definito simile a quello provocato da una bomba. Il primo allarme lanciato ai vigili del fuoco parlava dell'«esplosione di una bombola». All'arrivo dei soccorritori (prima i colleghi, poi il personale medico del Suem 118 di Treviso e gli stessi vigili del fuoco), Agnoletto era ancora vivo, riverso a terra supino. I tentativi di salvargli la vita furono purtroppo inutili: dopo pochi minuti il suo cuore cessò di battere. Secondo le prime ricostruzioni gli fu fatale, probabilmente, l'urto violentissimo di un pezzo di estintore contro lo sterno dell'uomo. Lì vicino era rimasto un bancale di altri estintori da sottoporre a controllo. «È stata la pressione del gas all'interno dell'estintore a farlo rompere, si è trattato quindi di un'azione meccanica dell'onda d'urto, non di una reazione chimica», aveva spiegato lo Spisal. «La bombola si è squarciata, bisognerà capire il perché. Nella deflagrazione sono schizzati via pezzi di metallo dell'involucro. Se nel luogo dell'incidente fossero state presenti altre persone, sarebbero potute essere investite anche loro dal materiale».
La ferita mortale sarebbe stata quella provocata da un pezzo di estintore che come un proiettile colpì Agnoletto tra lo sterno e lo stomaco. Quello che appare certo è che la deflagrazione non sarebbe stata causata da reazioni chimiche della polvere con cui vengono riempiti gli estintori, al cui interno c'è una pressione di circa 15 atmosfere.
(m.fil.)
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