Omicidio Manca: ecco gli indizi che inchiodano Dekleva

Nove «gravi e precisi indizi fra loro concordanti»: è il numero costato la conferma in appello della condanna di Renzo Dekleva per l’omicidio della moglie. Lo scrivono i giudici della Corte d’Appello di Venezia, nelle motivazioni della sentenza. E via elencando. Uno: «L’imputato è l’ultima persona vista con la moglie in vita nella casa coniugale verso le 19.30 del 6 luglio 2011». Due: «La Manca è stata uccisa mentre si trovava nella sua abitazione, perché quando il suo cadavere venne rinvenuto il 6 ottobre 2011 a Cogollo di Cengio aveva indosso solo slip e abito da casa, né scarpe né oggetti personali». Tre: «I coniugi Manca-Dekleva litigavano di frequente, da quando la Manca aveva scoperto la relazione extraconiugale del marito, anche se nonostante 30 anni di matrimonio e mancanza di figli, non sembrava determinata a troncare subito il rapporto e, per quanto sofferente e depressa, confidava ancora nella possibilità di recupero, tanto che aveva programmato di lì a poco una vancanza al mare con il marito». Quattro: «La vittima cominciava a temere le reazioni violente del marito nel corso dei litigi, come aveva confidato al fratello e a un’amica». Cinque: «Per gelosia Lucia Manca aveva “indagato” sulla relazione adulterina del marito, identificando l’amante, contattandola, probabilmente minacciando il marito che sarebbe andata oltre nel caso non vi avesse posto fine». Sei: «La sera del 6 luglio, l’imputato aveva un appuntamento con l’amante e avrebbe quindi dovuto lasciare la moglie a casa con una scusa dopo aver mangiato una pizza insieme, è plausibile immaginare che quell’uscita serale determinò una reazione della Manca e che ci sia stata una telefonata di troppo del Dekleva o alla stessa Manca alla donna (alle 20.12 e alle 20.32)». Sette: «È stato accertato che nella notte tra il 6 e il 7 luglio l’imputato, lasciata l’amante, dopo essere tornato a casa si recò in autostrada a Piovene Rocchette, nella zona dove in seguito è stato trovato il corpo della moglie». Otto: la saliva di Lucia trovata dai carabinieri del Ris nel bagagliaio dell’auto del marito. Nove: la microfrattura a una vertebra di origine perimortale, subito prima o subito dopo la morte, trovata dai i periti Cattaneo, De Angeli,s Meneghini sui resti della donna e «riscontro di un trauma caratterizzato da un movimento di rotazione flessione del capo». Unica concessione alla difesa, lo sconto di un anno e 8 mesi di pena, per occultamento di cadavere e non sosppressione: il corpo - scrivono i giudici - venne abbandonato a pochi metri da una strada transitabile e nascosto sotto una coltre di foglie. La difesa dovrà valutare il ricorso in cassazione contro la condanna a 19 anni e 8 mesi con rito abbreviato.
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