Omicidio di Tovena, il dramma dei genitori: «Era un bravo ragazzo, vogliamo tutta la verità»

Teresa e Giorgio raccontano la notte da incubo: «Un’auto alle 2 in cortile, la corsa all’ospedale e l’annuncio dei medici»
Borin Soller Casa di Alessandro Sartor e famiglia la madre Teresa D'agostin
Borin Soller Casa di Alessandro Sartor e famiglia la madre Teresa D'agostin

CISON DI VALMARINO. «Era troppo bravo. Questo è un colpo troppo grande. È terribile sapere che tuo figlio non c’è più per uno scherzo del destino». Vanno avanti indietro i genitori di Alessandro Sartor, al piano terra della loro abitazione di via Redipuglia a Soller, in una giornata che doveva essere di festa per il passaggio del Giro d’ Italia. È distrutta la mamma Teresa D’Agostin, 73 anni, e Giorgio Sartor, 78. «Possiamo solo dirvi che mio figlio non c’è più».

I genitori sono annichiliti, non hanno voglia di parlare, ma poi trovano il coraggio per farlo. «Ieri notte ( giovedì ndr) mi ero addormentata sul divano», a rompere per prima il silenzio è Teresa, «poi ho sentito arrivare una macchina verso le 2. Era quella di uno dei titolari del Bakaro, Luca, che mi ha detto che Alessandro non si era sentito bene».

La mamma si asciuga le lacrime. Esce dalla taverna. Un attimo dopo che il titolare del locale di Tovena aveva pronunciato quelle parole, i due anziani genitori si sono vestiti pronti per raggiungere immediatamente il figlio. Con il cuore in gola hanno raggiunto l’ospedale di Conegliano. L’impatto con la verità è stato straziante.

«I medici ci hanno detto che aveva avuto un arresto cardiaco», raccontano Teresa e Giorgio. «Ci hanno riferito che hanno provato di tutto per rianimarlo. Ci hanno anche detto che il cuore era ripartito, ma poi si era fermato di nuovo.

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Il nostro Alessandro, il nostro unico figlio purtroppo è morto in ambulanza. Vogliamo sapere tutta la verità, cosa è successo realmente giovedì sera». Ora che il tragico destino si è compiuto, agli anziani genitori resta il ricordo del loro unico figlio.

Lavorava alla Corazzin Group di Cison di Valmarino con la mansione di capo reparto. Faceva i turni. Partiva alle 5 del mattino oppure tornava tardi alla sera, in base al turno di lavoro, Quando poteva, aiutava anche al Bakaro. Era di casa nel locale di Tovena. Alessandro Sartor abitava nelle villetta di via Redipuglia 24 con i genitori. «Aveva il suo appartamento, era indipendente», spiegano i suoi. «Aveva la sua vita. Lui abitava sopra, per conto suo, e noi sotto». Tra sue passioni anche le immersioni subacquee che però aveva abbandonato perché molto impegnato con il lavoro e la sua casa. Alessandro aveva studiato all’Istituto d’Arte.

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Fin dall’inizio della sua carriera lavorativa aveva lavorato in fabbriche della zona. Dopo quelle prime esperienze era poi stato assunto dalla Walco. Era ormai vent’anni che lavorava per l’azienda di Cison. Alessandro aspettava da un anno il passaggio del Giro d’Italia. Il destino ha voluto che proprio nella giornata tanto attesa la morte gli abbia dato l’appuntamento. Un destino atroce che ha lasciato sgomenti non solo i genitori, ma i compagni di lavoro e i tanti amici.

Per tutti Alessandro era un uomo sensibile e gentile, impegnato nella Pro loco e in altre associazioni. «È come se avessi preso una pugnalata». Fabio Bechevolo giovedì sera era al Bakaro con il gruppo di amici. «Abbiamo cenato, era una serata di festa. Sono andato via prima che succedesse. Mia moglie mi aveva raccomandato di rientrare presto. Doveva essere una notte rosa. Sono tremendamente dispiaciuto. Questi episodi sono frutto di un sistema malato, troppa gente è tirata, sopra le righe, basta un niente perchè si scateni il finimondo. Nessuno sorride più». Questo è un paese tranquillo dove si vogliono bene tutti», dice Fabio che ha aspettato tutto il giorno davanti alla caserma dei carabinieri di Cison , «Una cosa del genere ci ha scombussolato nel profondo. Non ha senso». 

 

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