«Noi, i pompieri del turno D»

TREVISO. Il 15 marzo 1996 undici vigili del fuoco rimasero feriti nella esplosione che provocò la morte di due dipendenti della Butan Gas. Eppure le ferite, per i vigili del fuoco del turno D, non si sono ancora rimarginate. Qualcuno porta ancora impressa sulla pelle i segni di quella tragedia. Orlando Borghetto, cavaliere al merito della Repubblica e caporeparto dei vigili del fuoco, da due anni in pensione, faceva parte del turno D. «Era un venerdì mattina, lo ricordo bene, e il nostro turno stava per smontare quando, poco prima delle 8, arrivò la telefonata della segretaria della Butan Gas. Sul posto furono inviate due squadre. Io, assieme ad altri 4 colleghi, rimasi in centrale semplicemente perché ero stato destinato all’autogrù, un mezzo che per quel tipo d’intervento non serviva». Il ricordo di Borghetto è nitido: il caposquadra che dal posto segnala alla centrale una criticità importante ma non meglio precisata.
Il silenzio radio che non lascia presagire nulla di buono. Alla fine le drammatiche telefonate dei residenti di via Senatore Pellegrini che avvertono dell’esplosione del gas e dei pompieri feriti. Il resto è la cronaca di un bilancio tragico: «Ricordo - racconta Borghetto - che venerdì sera i carabinieri ci avvertirono che tre giorni dopo, lunedì 19, sarebbero iniziati gli atti periziali irripetibili per accertare la dinamica e come parte lesa gli undici vigili del fuoco feriti dovevano nominare gli avvocati e i consulenti di parte. Per farlo dovevano firmare le carte ma 8 degli 11 feriti non erano nemmeno capaci di tenere in mano una penna. L’unica soluzione possibile era quella di raccogliere le volontà dei vigili del fuoco in presenza di un notaio. Riuscimmo a farlo negli ospedali di Treviso e Padova, nella giornata di domenica 18, grazie alla grande disponibilità del notaio Manavello. In questo modo salvaguardammo i colleghi. Dico questo perché già poche ore dopo la tragedia iniziarono a circolare strane indiscrezioni di stampa, sollecitate da parti interessate che portavano ad addossare la responsabilità dalla parte sbagliata». Parole pesanti come macigni, Borghetto ricorda “la riorganizzazione del turno D decimato dalla tragedia con personale di altri turni e distaccamenti” e “lo stato d’animo in cui lavoravamo per mettere in sicurezza il sito sullo sfondo di una tragedia che aveva provocato morti e feriti gravi”.
«È stata una vicenda - spiega Borghetto - che ancor oggi mi fa provare il dolore per le persone morte ed i loro familiari ma anche la consapevolezza che è stato fatto tutto il possibile per evitare una tragedia immane. In quei frangenti abbiamo visto emergere valori come la solidarietà e la partecipazione. Se c’è un risvolto positivo che quella tragedia ha lasciato, anche se lo dico a fatica, è stato il miglioramento organizzativo, procedurale e della sicurezza degli operatori a livello nazionale».
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