Nascite, in vent’anni -38,7% nel Trevigiano. Anche gli stranieri ora fanno meno figli

Tra le coppie di immigrati un calo del 46% dal 2013. Entro il 2043 ci saranno tre anziani per ogni under 15. Per lo Spi Cgil questo squilibrio generazionale «sta impoverendo il tessuto economico»

Andrea Dossi
I piedi di un neonato
I piedi di un neonato

Entro il 2043, il rapporto tra giovani sotto i 15 anni e anziani sopra i 65 anni sarà di uno a tre in provincia di Treviso. E il vuoto generazionale che non verrà colmato nemmeno dalla popolazione di origine straniera: negli ultimi dieci anni le nascite di bambini da coppie non italiane sono dimezzate.

Questo scenario da «rischio di implosione», come lo ha definito il segretario generale dello Spi Cgil di Treviso Vigilio Biscaro, è stato presentato in un’analisi del centro studi del sindacato pensionati, elaborata sui dati Istat dalla ricercatrice Anna Rita Contessotto.

Culle vuote

Negli ultimi 20 anni, le nascite nella Marca sono calate del 38,7%, passando da 9.039 nel 2004 a 5.538 nel 2024, con una perdita di 3.514 bambini. Con un’incidenza del 20%, quella di Treviso è la provincia che (assieme a Vicenza) più incide nel calo delle nascite in Veneto.

Nel 2024 il comune che ha registrato più nascite è stato il capoluogo con 531 nati, seguito da Conegliano con 241, Castelfranco 198, Montebelluna 192 e Mogliano 148.

Di contro, i comuni con meno nati in un anno sono Portobuffolè e Refrontolo con cinque nati, a quota otto c’è Fregona, a nove ci sono Monfumo e Zenson.

Il problema colpisce in particolare le piccole realtà: «I comuni con meno di cinquemila abitanti sono più in difficoltà, non riescono a guardare avanti – evidenzia Biscaro – Se non si colma questo vuoto, non so come la società italiana riuscirà a sopravvivere». Il trend è in discesa anche tra gli stranieri e la provincia di Treviso è quella che in regione presenta il maggior calo percentuale, ben cinque punti.

I figli degli immigrati

Nel 2013 i nati da stranieri sono stati 1.801, nel 2024 sono stati 964: -46%, praticamente dimezzati nel giro di dieci anni. Tradotto in percentuale, nel 2013 il 22,4% dei nati era straniero, nel 2024 era del 17,4%. Per fare un confronto, dati Istat alla mano, nel 2013 gli stranieri in provincia erano centomila, nel 2024 erano poco più di 89 mila.

«Si abbassano i tassi di fecondità anche tra gli stranieri residenti – spiega Contessotto – a dimostrazione dell’allineamento al contesto del paese in cui vivono».

Tra il 2014 e il primo semestre del 2025 si registra la crescita di 33.572 over 65, pari a un aumento del 20%. Invece, la popolazione attiva tra i 15 e i 64 anni è diminuita di 17.211 unità (-3%) mentre la fascia 0-14 anni è in calo di 26.518 (-20%).

Gli over 65 nel 2014 erano 179.481 in provincia di Treviso, nel 2024 sono arrivati a 208.806. Viceversa, i nuovi nati nel 2014 sono stati 7.744 e nel 2024 sono scesi a 5.538: in mezzo un vuoto generazionale non colmato.

La popolazione del baby boom, spiega Contessotto, «non è stata rimpiazzata dai nuovi nati residenti e nemmeno dagli stranieri».

Mercato del lavoro in crisi

L’indice di ricambio della popolazione attiva in provincia di Treviso, cioè il rapporto tra chi sta per andare in pensione e chi sta per entrare nel mondo del lavoro, è del 146%, cioè la popolazione attiva ha un’età molto avanzata.

Per avere un riferimento, la popolazione attiva è tanto più giovane quanto più l’indicatore è minore di 100. A riprova del dato è che tra i 47 e 57 anni figura il maggior numero di persone in età lavorativa.

Aggiunge Contessotto: «Gli esiti della denatalità sono dirompenti: l’alto tasso di anzianità della forza lavoro ha effetti a lunga durata negativi in termini di attrattività del territorio con minore propensione al rischio e all’innovazione, con la caduta di competitività del tessuto economico». Nella provincia di Treviso il tasso di fecondità registra un’inarrestabile discesa: nel 2013 si attestava a 1,5 figli per donna, nel 2023 1,27.

Proiettandosi nel futuro, la previsione della popolazione della Marca vede un decremento della fascia 0-14 anni e un aumento della fascia over 65: nel 2043 i primi saranno 100.958 e i secondi 296.832 (con in mezzo la fascia 15-64 che scenderà a 472.924).

Conclude Contessotto: «Avremo un rapporto di un giovane a tre anziani con ricadute sul piano sociale, socio-economico e sanitario».

Allarme pensioni

Secondo Biscaro, il problema principale è il profondo squilibrio generazionale. Una «società molto anziana» si trova nella condizione di non poter sostenere il sistema pensionistico.

Con il passaggio da un sistema retributivo a uno contributivo, il rischio è che ci saranno troppe poche persone attive a versare contributi per un numero sempre maggiore di pensionati.

«Se manca la solidarietà tra le generazioni – avverte il sindacalista – il sistema non riuscirà a tenere. Nemmeno gli immigrati ci danno una mano per colmare il vuoto generazionale. E la politica dei bonus non aiuta a cambiare il segno della demografia, serve un approccio più strutturato».

Tra le proposte avanzate da Biscaro ci sono sconti fiscali per le famiglie, un assegno mensile per i figli che duri fino ai 18 anni ricalcando il modello tedesco e il potenziamento dei servizi per l’infanzia come gli asili nido per supportare i genitori lavoratori.

Biscaro aggiunge che serve parità di genere nel mondo del lavoro: «Una giovane coppia deve pianificare: la parità di retribuzione e di carriera deve essere indipendente dall’avere i figli».

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