Muore prof valdese, rito vietato

È valdese, e il parroco del quartiere non apre la chiesa per le esequie. Accade a San Pelajo, dove don Rino Bordignon ha negato alla famiglia il rito funebre per il professor Adamo Donini, morto ieri mattina a 84 anni, professore di storia e filosofia al liceo scientifico «da Vinci». «È incredibile», dice la figlia Giovanna, ancora affranta dal dolore, «ci ha detto che sarebbe troppo complicato, che la questione è delicata, ma a noi questo rifiuto non sembra né ecumenico né in linea con i valori cristiani. Mio padre aveva sempre avuto un ottimo rapporto con i parroci precedenti. Anche mia sorella si è sposata in parrocchia con rito valdese».
Il parroco è però molto sereno: «Come ho spiegato ai familiari, non è possibile concedere la chiesa per altri riti», spiega don Bordignon, «C’è un accordo con gli ortodossi, cristiani, ma anche lì vanno adottati alcuni accorgimenti. Con i valdesi la questione è molto più complessa, le differenze sono maggiori. Per farlo si può fare, ma non dipende più da me parroco, bensì da scelte, accordi e protocolli superiori. Mi sono confrontato anche con il vicario generale, ho avuto conferma: le norme sono tali e vanno rispettate».
Sarà così la chiesa di Santa Maria del Rovere, a ospitare le esequie, in data da stabilire. Sono stati gli amici del docente, ieri, a contattare don Adelino Bortoluzzi, parroco di quella chiesa.
Profondo il cordoglio nella scuola trevigiana, per la morte diDonini. Nato a Terni, si era laureato a Roma, poi il trasferimento a Treviso: prima supplenze alle medie, poi il liceo Canova, le cattedre a Mogliano e Castelfranco, e l’approdo al liceo Da Vinci, fino a metà degli anni’ 90, per la pensione.
Era professore di vastissima cultura, certo sui generis. Di alcuni periodi storici aveva un sapere enciclopedico, agevolato da una memoria incredibile. A questo aggiungeva la sua fede valdese, eredità della nonna Nelly, olandese. Sulla storia dei valdesi in Europa, aveva pochi rivali. Ogni estate partecipava poi al sinodo di Torre Pellice. Non disdegnava – da uomo che sapeva dare il posto adeguato nella vita alla cultura – il divertimento, il gioco di parole, l’ironia. Anche con gli studenti non si tirava indietro. Il suo amore per i dialetti italiani - li parlava perfettamente – la passione per la cultura napoletana, lo rendevano spesso imprevedibile. Mescolava come pochi erudizione e battuta. E sapeva ironizzare anche sui suoi problemi all’udito, che per alcuni periodi lo tennero lontano dalla cattedra.
Tra i suoi orizzonti culturali preferiti, l’etica e la morale kantiana, i russi dell’Ottocento, esplorati anche sul crinale filosofico. E poi le poesie, da Di Giacomo a Trilussa.
Lascia la moglie Maria, le figlie Giovanna, attrice comica, da anni autrice e «anima» della trasmissione «Zelig», e Nelly, i due adorati nipoti, il genero.
«Era una grande persona, a cui era impossibile non voler bene» dice l’amico di sempre, lo scrittore Giandomenico Mazzocato, suo collega al «Da Vinci» e in altre scuole della Marca, «Sapere che la mia comuntà non ha trovato modo di celebrare con rito valdese le sue esequie mi addolora tantissimo. Per fortuna don Adelino, parroco di Santa Maria del Rovere, ha detto che provvederà lui».
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