Multa milionaria dall’Antitrust alla General Beton

Appalti in Friuli, il Tar ha respinto il ricorso dell’azienda di Colle che dovrà sborsare un milione e 872 mila euro
Di Francesca Gallo
Borin Colle Umberto azienda General Beton
Borin Colle Umberto azienda General Beton

COLLE UMBERTO. Multa record dall'Antitrust alla General Beton Triveneta. Il Tar del Lazio ha respinto il ricorso dell'azienda di Colle Umberto che dovrà quindi sborsare un milione 782 mila 660 euro.

È la seconda sanzione più salata tra quelle comminate a sei aziende accusate di aver realizzato un'intesa restrittiva del mercato del calcestruzzo nel Trevigiano e in Friuli Venezia Giulia. Dalla sede collumbertese della General Beton per ora nessun commento ufficiale.

«Giorgio Tonon, uno dei responsabili dell'azienda è all'estero», si limitano a dire al centralino, «è in Cina e rientra la prossima settimana. In questo momento non ci sono altri responsabili che possano commentare la sentenza del Tar del Lazio». Il procedimento ha avuto origine da una richiesta di applicazione del programma di clemenza della Società Calcestruzzi spa, cui l'Agicom ha riconosciuto l'immunità totale nell'ammenda. Ne sono seguite alcune ispezioni, effettuate in collaborazione con il gruppo Antitrust del Nucleo Speciale Tutela Mercati della Guardia di Finanza. Secondo l'Autorità, tra il 2010 e il 2014 le imprese hanno attuato due "intese" per fissare i prezzi e spartirsi la clientela.

Una nelle province di Udine, Pordenone, Gorizia e nella Sinistra Piave trevigiana. L'altra nella provincia di Trieste. Oltre alla General Beton Triveneta a essere sanzionate sono state Calcestruzzi Zillo (3.454.587 euro), Calcestruzzi Nord Est (145.663), Nuova Calcestruzzi (46.011 euro), Cobeton (331.322)) e Friulana Calcestruzzi (504.952 euro). Secondo il Garante, le aziende avevano trovato un accordo per spartirsi quote di mercato e chi non ci stava, veniva punito con l'esclusione dagli affari. Per contestare le sanzioni sono stati presentati ricorsi al Tar, i cui giudici hanno ritenuto che gli stessi «non contestando la sussistenza di una pratica anticoncorrenziale ma la valutazione della sua gravità in un contesto di crisi economica, ed inoltre la quantificazione ed applicazione della sanzione irrogata, non sono fondati e quindi non possono trovare accoglimento».

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