«Mia figlia non è terrapiattista era in Sicilia prima del lockdown»

Parla il padre di Elisa Paladin, imprenditore del settore vitivinicolo «Gira il mondo, ha idee salutiste: ma quante falsità sul suo conto» 

l’intervista

«Macché terrapiattisti. Sì, mia figlia è una ragazza che gira il mondo con lo zaino. Ma di questi discorsi sulla terra piana non ho mai sentito parlare». Carlo Paladin, uno dei più importanti produttori vitivinicoli del Veneto Orientale, si trova alla ribalta per una vicenda che riguarda la figlia, Elisa Paladin, 27 anni, e l’amico, Filippo De Poli, 40 anni, di Spinea. Sono i due viaggiatori che lo scorso aprile, in pieno lockdown, sono stati soccorsi sulla loro barca a vela a Ustica. La storia è finita in questi giorni su tutti i quotidiani nazionali, dopo il racconto fatto dal medico dell’ufficio di sanità marittima che li ha accolti. Stando al racconto, durante il lockdown i due avrebbero raggiunto in auto Termini Imerese, vicino a Palermo. Lì avrebbero venduto la macchina e comprato una barca. Si sarebbero messi in mare convinti di raggiungere Lampedusa, considerata la fine della terra. Ma hanno sbagliato rotta e sono finiti a Ustica. Un racconto che Paladin contesta in gran parte.

Dicono che Elisa e il suo amico siano terrapiattisti.

«In passato mia figlia lavorava sei mesi e poi con i soldi guadagnati girava il mondo. È stata in India, in Sud America. Poi ha conosciuto Filippo, ora viaggiano e girano il mondo insieme. Nei posti in cui si trovano fanno dei lavori sporadici per mantenersi. È vero, sono dei puristi e dei super salutisti. Non bevono, stanno attenti a tutto quello che mangiano. Rifiutano tante cose della modernità, non usano il cellulare. Ma di questa cosa del mare e della terra piana non ho mai sentito parlare».

Eppure il medico ha riferito di averlo sentito dire.

«Mi sono confrontato anche con i genitori di Filippo e pure loro di questo discorso della terra piana non hanno mai sentito parlare».

Resta il fatto che sarebbero partiti in pieno lockdown.

«Anche questo non è vero. Intanto non è vero che abbiano venduto la macchina per acquistare la barca, perché in Sicilia erano arrivati in treno. Quando mia figlia è via, la macchina resta qui in parcheggio. Quando sono scattate le chiusure per Covid loro erano già vicino a Palermo. Erano partiti a gennaio e sono arrivati a marzo in Sicilia. Non hanno fatto un viaggio abusivo in auto».

E la barca a vela?

«L’hanno acquistata per viverci dentro, hanno speso circa duemila euro. È vero che non sapevano che anche le barche prevedono un’assicurazione obbligatoria e hanno preso una multa. Hanno fatto questi due tentativi di entrata e uscita dal porto. Poi sono ritornati a casa. Ci hanno raccontato l’accaduto, sorridendo».

È sorpreso dal clamore della vicenda?

«Il fatto è avvenuto ad aprile e allora ne avevano parlato i quotidiani locali del palermitano. Ma un conto è dare la notizia appena accaduta e lì a Palermo. Non ho capito che senso abbia tirarla fuori dopo cinque mesi».

Pensa a delle denunce?

«No, non ho tempo da perdere». —



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