«Mi hanno rubato 180 mila euro dalla macchina»

L’imprenditore edile lascia la bellezza di 180 mila euro in macchina. Glieli rubano. A causa del furto, l’azienda (già in crisi di liquidità) fallisce. Questa, almeno, è la versione di Nicola e...
TREVISO 10/12/2006 PALAZZO DI GIUSTIZIA - tribunale treviso
TREVISO 10/12/2006 PALAZZO DI GIUSTIZIA - tribunale treviso

L’imprenditore edile lascia la bellezza di 180 mila euro in macchina. Glieli rubano. A causa del furto, l’azienda (già in crisi di liquidità) fallisce. Questa, almeno, è la versione di Nicola e Roberto Fabbro, fratelli e soci in affari. Una versione sulla quale la Procura ha molti dubbi: i due sono finiti a processo con l’accusa di bancarotta fraudolenta e simulazione di reato.

Ieri i due fratelli sono comparsi davanti al giudice, sul banco degli imputati. La loro azienda, “Blaster Service Srl” con sede ad Arcade, è fallita a ottobre del 2006. L’impresa, che si occupava di costruzioni, impianti elettrici e idraulici, è crollata sotto una pesante crisi di liquidità. A dare il colpo del ko, secondo Nicola Fabbro, è stato però quello strano furto. Fabbro, per cercare di ottenere un finanziamento nonostante le diffidenze delle banche, decide di tentare un “trucco”: portare a garanzia una somma di denaro a titolo personale. Non soldi dell’azienda, insomma, bensì suoi. Li preleva però da un conto aziendale presso la Banca Popolare di Vicenza, filiale di Cison di Valmarino. Anzi, li fa prelevare dal fratello Nicola, perché lui - dice - quel giorno era impegnato in un cantiere. Il giovane fratello Nicola, vent’anni all’epoca dei fatti (2006), va in banca. Gli danno il malloppo, la bellezza di 180 mila euro. «Non sapevo neanche quanti me ne avrebbero dati», ha raccontato al giudice. Ha l’ordine da parte del fratello maggiore di andare a depositare quella somma presso la Veneto Banca di Lovadina di Spresiano: è lì che dovrebbero concedergli una linea di credito sotto la garanzia di quella somma. Il giovane, però, non sa dov’è la banca. Il fratello gli ha organizzato un appuntamento: «Trovati con la segretaria al bar di Lovadina, ti ci porta lei». Il giovane arriva lì con l’auto aziendale, parcheggia. E lascia i soldi in macchina. «Perché?», gli ha chiesto il pubblico ministero. «Perché pensavo che il posto fosse sicuro. E poi il bar era lì vicino», racconta il giovane. Tempo di un caffè, quando torna in auto i soldi sono spariti: qualcuno, racconta, ha rotto il vetro dell’Opel e rubato la borsa con i soldi. Il giovane va dai carabinieri e sporge denuncia.

Un episodio dai contorni poco chiari: non ci sono testimoni, e le circostanze sono quantomeno anomale. Alla luce anche del fallimento, la Procura dedide di volerci veder chiaro. Nella prossima udienza sarà sentito il direttore della filiale di Veneto Banca: pm e giudici vogliono capire se davvero quei contanti potevano sbloccare il finanziamento evocato da Nicola Fabbro. (f.p.)

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