«Mi ha convocato il medico ma sono a 1.700 chilometri Lo farò appena torno»

perché no
Salvatore Auci, sindacalista dello Snals e insegnante di educazione fisica al Liceo scientifico Da Vinci di Motta di Livenza, è tra i docenti che non si sono (ancora) sottoposti al test sierologico.
Perché? Sulla scarsa adesione degli insegnanti è scoppiata una bufera.
«Semplicemente perché in questo momento mi trovo a 1.700 chilometri di distanza da Motta. Sono stato contattato dal mio medico e lo farò la settimana prossima, assieme a mia moglie, che è amministrativa. Lo avrei fatto anche subito, trovo che sia un’iniziativa corretta».
Potrebbe essere questo il motivo, secondo lei, della bassa adesione fino ad ora?
«Sì, penso che molti faranno come me, e a settembre avremo un aumento della partecipazione allo screening perché i docenti rientreranno dalle ferie o dalla loro regione di origine. Il primo settembre saremo tutti presenti. Tutti dobbiamo farlo, prima di tutto per evitare nuovi contagi, e poi perché l’apertura delle scuole deve avvenire in sicurezza. Se mi presento a scuola sano, e poi mi ammalo, qualcuno mi dovrà spiegare cos’è successo».
A cosa si riferisce?
«Noi insegnanti siamo alla stregua di medici e infermieri: rischiamo la vita per offrire un servizio. Se qualcuno dovesse farsi male, o non farcela proprio, i nostri eredi chiederanno conto all’amministrazione, visto che il test sierologico confermerà che eravamo “puliti” prima di rientrare a scuola e l’eventuale contagio è avvenuto dopo».
È anche per questi timori che - si dice - molti docenti non rientreranno proprio?
«Tra di noi ci sono tanti lavoratori fragili, e sono preoccupati. Il comitato tecnico-scientifico dice delle cose, il ministero altre, e scarica tutto sul collegio docenti. Non sappiamo che pesci pigliare, siamo perplessi da tanti punti di vista: sicurezza, organizzazione, risorse che per la scuola non ci sono mai. L’incertezza è massima, abbiamo voglia di tornare ma tante cose andrebbero chieste alla ministra Azzolina».
Qual è l’aspetto che temete di più?
«Salute a parte, dover lavorare il doppio ed essere pagati come prima. È successo per la didattica a distanza: coscienti che la nazione aveva bisogno del nostro aiuto, lo abbiamo fatto gratuitamente più che volentieri. Ora, però, anche la Dad rientrerà nel lavoro ordinario, e allora chi lavora di più dovrebbe essere pagato di più». —
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