Metà provincia di Treviso in corsa per l’Unesco

Marco Tamaro, Fondazione Benetton, valuta i due dossier:  «La sfida del prosecco è un’operazione di marketing fatta male» 
Agostini Asolo riprese con drone
Agostini Asolo riprese con drone

TREVISO. Se tutto andasse per il verso giusto, metà provincia di Treviso sarebbe patrimonio Unesco: le colline del prosecco da Conegliano a Valdobbiadene patrimonio dell’umanità (dossier che sarà valutato, per la seconda volta, in estate) e i 13 Comuni dell’Ipa Terre Alte di Asolo e Montegrappa, riserva della biosfera. In pratica l’intero arco collinare di Destra e Sinistra Piave acquisirebbe “fama” mondiale e inizierebbe un percorso fatto di rispetto per l’ambiente, sostenibilità, sviluppo compatibile con le fragilità del territorio. «Cioè un percorso mai fatto finora» commenta Marco Tamaro, direttore di Fondazione Benetton, «che considero estremamente virtuoso e che può finalmente delineare un futuro per i territori coinvolti».

Partiamo dalla doppia candidatura: non si rischia la competizione tra due siti, le colline del prosecco e i colli asolani, geograficamente molto vicini?

«Al massimo assisteremo a una sana rivalità. Sono due punti di vista diversi, l’uno patrimonio dell’umanità, l’altro riserva della biosfera, ma entrambe le candidature sono operazioni che cercano di programmare un nuovo modello di sviluppo territoriale. La questione di fondo, dal punto di vista del nostro osservatorio, è che si cerca di utilizzare questi riconoscimenti internazionali per provare a inventarsi una soluzione per restare in corsa. Perché la “corsa” che abbiamo fatto finora è finita, per sempre».



A che “corsa” si riferisce?

«Negli ultimi tre secoli, dalla rivoluzione industriale in poi, abbiamo vissuto una fase di ipersviluppo, fatta di costruzioni, impianti produttivi, sfruttamento delle risorse, che ora è terminata. E adesso stiamo cercando di trovare nuovi paradigmi per uno sviluppo sostenibile. In questo senso la doppia candidatura è assolutamente positiva, non potrà che portare dei benefici. Ora bisognerà creare dei laboratori in cui ragionare di compatibilità tra elementi della natura e sviluppo economico».

Che differenze vede tra le due candidature?

«La scelta di Asolo si basa sulla capacità propositiva della Fornace dell’Innovazione, che vuole utilizzare gli strumenti dell’Unesco per inventarsi nuovi modelli di sviluppo sostenibile. La candidatura del prosecco è un po’ diversa: la sfida in quel caso è utilizzare la lista del patrimonio mondiale per fare branding e promuovere anche a livello di marketing le colline della denominazione. Il dossier Unesco vuole preservare il patrimonio che c’è già, la biosfera vuole creare un nuovo patrimonio. Due linee di azione diverse, ma è bene che ci siano entrambe perché la capacità di innovare si è bloccata, oggi giochiamo tutti in difesa quando invece bisognerebbe rischiare, pensare, immaginare».

Quale dei due dossier ha più possibilità di successo? In fondo il prosecco ce l’aveva quasi fatta nell’estate 2018, e ora è già pronto a riprovarci.

«A me è sembrata un’operazione di marketing territoriale fatta male. Ora l’hanno in qualche modo ripresa per la coda chiamando un esperto come Mauro Agnoletto, che è davvero bravo. Anche l’obiettivo della biosfera asolana e del Grappa è simile, ma utilizza strumenti più adatti. Sono due istruttorie diversi, vedo un po’ più ostico il percorso per il prosecco, Asolo parla di sviluppo sostenibile, bisognerà vedere se il dossier è fatto bene o male, ma secondo me è ben avviata».

FERRAZZA AG.FOTOFILM TREVISO CAMPAGNA ELETTORALE IN FOTO MANILDO ALLA PAGNOSSIN
FERRAZZA AG.FOTOFILM TREVISO CAMPAGNA ELETTORALE IN FOTO MANILDO ALLA PAGNOSSIN


Esistono altri siti nella nostra provincia che potrebbero intraprendere percorsi simili?

«Si stanno muovendo diverse cose. Una è il progetto di rigenerazione urbana attraverso l’arte, che stiamo curando assieme ad Assindustria. La provincia di Treviso ha dalla sua parte una grande varietà morfologica e culturale. Ma ha anche una grande necessità di una reinvenzione delle politiche del territorio. E qui casca l’asino. Perché la politica ha gravi carenze da questo punto di vista, ha perso la capacità di programmare e per ripensare lo sviluppo di un territorio servono tempo e pazienza».

Si chiede all’Unesco quello che la politica non fa più?

«Ha strumenti che suppliscono alla carenza della politica. La cosa interessante è che stiamo vivendo un momento di cambiamento storico per quanto riguarda il nostro rapporto con l’ambiente. Queste candidature, le politiche industriali, persino l’enciclica di Papa Francesco vanno tutte nella stessa direzione: la presa di coscienza dell’inadeguatezza di questo modello di sviluppo».

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