«Me lo hanno ammazzato due volte»

La rabbia dell’ex moglie di Emanuele Simonetto: «Il killer deve essere preso». L’azienda del caporeparto blinda l’ingresso
Di Francesca Gallo

PIEVE DI SOLIGO

«Me lo hanno ammazzato due volte». Emanuela Marsura, ex moglie di Emanuele Simonetto, sfoga così la sua rabbia contro chi ha creato false speranze sulle indagini. A un mese dall’omicidio del caporeparto della Arpa verniciature a Pieve di Soligo non c’è ancora né un colpevole, né un movente. Un dolore nel dolore per Emanuela, trincerata nel suo appartamento di via Lettiera a Sernaglia della Battaglia. Accetta di parlare solo per esternare la sua rabbia: «Il killer deve essere preso. Sono state dette e scritte cose non vere su Emanuele – afferma la donna con durezza – il suo nome è stato infangato. A tutt’oggi non so nulla. Niente di niente. Mai sentito nomi di colpevoli. Nessuno mi ha parlato delle indagini, c’è il massimo riserbo su questo efferato delitto».

Il caporeparto dell’Arpa verniciature era stato freddato giusto un mese fa nel piazzale della fabbrica di via Zaniol. I proiettili del killer misterioso erano usciti dalla canna di una pistola a tamburo. Due proiettili, il primo diritto al cuore, mortale, il secondo si era conficcato nella spalla ed è una delle tracce più consistenti per gli investigatori. Si è disquisito all’infinito se sia trattato di un gesto emotivo o della freddezza del professionista. Perché la pistola a tamburo? Perché solo due colpi? Perché proprio lì e proprio quella sera? Di certo c’è che l’assassino non ha lasciato alcuno scampo al quarantanovenne residente a Soligo.

In queste settimane gli investigatori hanno più volte effettuato sopralluoghi e ricostruzioni dell’agguato passando al setaccio il piazzale della fabbrica. È caccia grossa a qualche traccia che consenta di dare un senso a un puzzle che giorno dopo giorno appare sempre più come un rompicapo. Intanto l’accesso alla fabbrica negli ultimi giorni è blindato. «Abbiamo chiuso il cancello per sicurezza – fa sapere Umberto Vitale, responsabile delle risorse umane del Gruppo Homes – nessun estraneo deve entrare. Stiamo attendendo gli esiti dell’indagine».

Bruciano ancora quei due colpi sparati a bruciapelo all’uscita dello stabilimento, proprio la sera che Emanuele era da solo. Brucia anche l’immagine negativa di questa storiaccia di sangue e chissà che altro.

Il sindaco di Farra di Soligo Giuseppe Nardi vuole chiarezza. «Quello che successo è inquietante – ragiona – qualsiasi sia il motivo. Se si inizia a fare giustizia da soli siamo da terzo mondo». Il primo cittadino non vuole pensare che quei due colpi siano sbucati dal fango di una comunità fino a ieri tranquilla e industriosa. «Mi auguro proprio che sia gente da fuori – dice fuor di metafora – altrimenti abbiamo davvero toccato il fondo».

Tutti guardano alla Procura e agli investigatori. Domani sarà un mese esatto dal quel terribile martedì sera 7 febbraio. «Dopo tutte queste settimane di indagini serrate e senza un colpevole – sbotta il sindaco – mi vien da pensare che ad agire sia stata un’organizzazione. A questo punto penso a un professionista o a dei professionisti». Gli inquirenti non si sbilanciano. In questo mese hanno setacciato palmo a palmo la vita di Emanuele Simonetto. Una vita di un uomo frequentatore di locali, di feste e belle donne. Una vita ricca di relazioni e di amicizie. Le piste ipotizzate in queste settimane sono state molte e diverse. Numerose le persone ascoltate. Molte le analisi sul proiettile estratto dalla spalla, alla ricerca dell’arma che lo ha sparato.

Anche a Barbisano si aspettano notizie. Qui «Manu» aveva un sacco di amici e dava una mano ai ragazzi del posto ad organizzare feste. A parlar di Simonetto la gente resta con il fiato sospeso, come se aspettasse il colpo di scena che risolve il giallo.

Alla trattoria «Speta un minuto» - luogo abitualmente frequentato da Emanuele Simonetto dove aveva molti amici - aleggia un’aria di nostalgia e tristezza. Mancano le risate e il buon umore di «Manu». Ai tanti amici che aveva non resta che il ricordo e la rabbia: «Vogliamo solo che sia resa giustizia a Emanuele e che salti fuori il colpevole. È quello che vorrebbe anche lui, ne siamo sicuri».

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