Madri trevigiane equilibriste tra lavoro, figli e pochi servizi
L’indagine dell’Istat rivela il forte calo delle nascite anche nella Marca. Ferrin: «Denatalità in peggioramento dal 2008». Giorgia Ferrin, responsabile territoriale Nord Est Istat: «Treviso in linea con il Paese: la denatalità è imperante, lo dicono i numeri»

Mammine pancine. No, non chiamatele così le mamme di oggi. L’appellativo giusto è quello usato da Save the Children nel rapporto annuale sulla maternità in Italia: equilibriste. Le donne devono barcamenarsi tra il lavoro che le vuole sempre più performanti, i figli che gradirebbero fossero un po’ più presenti e il giudizio degli altri per cui se non sei una super woman, non sei all’altezza del ruolo.
Sarebbe miope non associare queste considerazioni al tema della denatalità che sa affliggendo la Marca, come il resto del mondo.
Le donne sono sempre meno (questo è il risultato della diminuzione delle nascite risalente già a 30 anni fa) e quelle che ci sono, prima di pensare a procreare, si domandano cento volte se saranno in grado di diventare madri e, ancor di più, se riusciranno ad assicurare un futuro felice ai propri figli. Al di là di tutto, i numeri parlano chiaro: i nuovi nati trevigiani nel 2024 sono stati 5.538, 200 in meno rispetto al 2023 e ben 450 in meno rispetto al 2022.
Il caso Treviso
Andando nello specifico e analizzando i dati forniti da Istat, emerge che i 5.538 bimbi nati rappresentano un tasso di natalità dello 6,3%, che equivale a una media di 1,24 di figli per donna. Il dato più basso che la Marca abbia mai avuto, considerando anche la popolazione della provincia ha raggiunto quasi le 880 mila unità di residenti, ovvero l’18,1% dei residenti regionali, circa un quinto del totale del Veneto.
Secondo gli studi Istat, se l’età media delle madri è rimasta pressoché invariata, a cambiare sono i numeri relativi alle partorienti perché ad essere diminuite non sono solo quelle di origine italiana, ma anche quelle straniere, passando da 1.697 del 2021 alle 1.409 del 2023. Segno che la maternità è diventata meno appetibile anche per gli stranieri, su cui un tempo i demografici contavano per appianare la mancanza di bebè dal sangue trevigiano.
Anche le mamme più anziane sono diminuite, altro aspetto in controtendenza rispetto a qualche anno fa in cui erano aumentate le partorienti over 30, che rimangono comunque la stragrande maggioranza. In due anni sono calate di 100 unità, fermandosi a 3.752 donne. Ad aumentare invece i bimbi nati da genitori non coniugati, che sono passati da 1.987 del 2021 a 2.097 del 2023.
Un altro dato che salta agli oggi è il numero dei Comuni che offre servizi per la prima infanzia. Sono solo 66 su 94. La Marca è la peggiore di tutta la Regione, ne ha meno anche delle provincie più piccole come quella di Rovigo e Belluno.
Il commento ai numeri
«È dal 2008 che comunque c’è un calo continuo, questo sia in Veneto, ma anche nel resto del mondo, Treviso è in linea con quello che è l’andamento del Paese», spiega Giorgia Ferrin, responsabile dell’ufficio territoriale dell’area del Nord Est, «C’è stato un calo di nascite quindi anche del tasso di natalità che rapporta i nati vivi alla popolazione media dell’anno, anche questo è calato e con gli indicatori che però è leggermente sopra al dato regionale».
Ferrin analizza anche il dato della popolazione trevigiana in generale: «Per quanto riguarda la composizione della popolazione in base alla struttura per età, la Marca appare comunque relativamente un po’ più giovane rispetto alle altre province con una media di 46,3 anni. La popolazione straniera nel 2023 si aggirava intorno alle 90 mila unità e dai nostri dati emerge che comincia ad esserci un calo di nuovi nati anche da genitori stranieri».
La responsabile poi si sofferma sul tema dei servizi offerti alle madri che intendono tornare a lavorare: «Abbiamo analizzato i servizi per l’infanzia, cioè quelle strutture come il nido, ma anche quelle che offrono un servizio integrativo per la prima infanzia che gestiscono quelle situazioni che sono un po’ a cavallo tra i 24 e i 36 mesi. Nella nostra provincia ne usufruisce solo l’8,2% della popolazione, il dato più basso della Regione. Le famiglie trevigiane non ne usufruiscono neanche a fronte di contributi dei Comuni».
Per comprendere questo fenomeno ci si deve soffermare sul numero di tutte quelle madri che per occuparsi dei loro figlioletti nei primi due anni di vita decidono di lasciare il lavoro per poi tornare con tutte le difficoltà del caso, dallo stipendio alla mansione. —
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