Botte alla figlia di 3 anni, condannati la mamma e il patrigno

Il caso nell’hinterland di Treviso. Cinque anni e sei mesi di reclusione all’uomo, due anni alla madre naturale. La piccola è stata affidata prima ad una comunità e poi a una casa famiglia

Il tribunale di Treviso
Il tribunale di Treviso

Una bambina che piange, alcuni adulti che urlano, un trambusto che preoccupa i vicini di casa. Alla fine, l’intervento dei carabinieri e la scoperta che sul corpo della bambina, schiaffeggiata poco prima dal compagno della madre, proprio davanti ai militari appena arrivati, ci sono diversi lividi, segni di traumi riportati nei giorni precedenti.

È da quell’intervento, avvenuto la sera del 12 agosto del 2020 in un paese del comprensorio di Treviso, che è partita una delicatissima indagine, coordinata dalla procura della Repubblica, che contestava il reato di maltrattamenti su una bambina di appena 3 anni. Sotto inchiesta erano finiti la madre della piccola, una donna di 25 anni (difesa dall’avvocato Marcello Stellin), e il suo compagno di 28 (difeso dall’avvocato Jacopo Stefani).

Martedì mattina, 14 gennaio, la sentenza di un lungo e delicato processo, durato quattro anni e mezzo. I giudici del collegio, presieduto da Umberto Donà (a latere Carlotta Brusegan e Alberto Fraccalvieri) hanno condannato il patrigno a cinque ani e mezzo mentre la madre a due anni di galera (con l’obbligo di partecipare ad un corso di recupero presso una comunità di recupero).

Per entrambi, i giudici hanno inflitto come pena accessoria l’interdizione perpetua dai pubblici uffici.

Nel frattempo la bambina era stata prima affidata ad una comunità della provincia di Venezia in attesa che l’inchiesta facesse il suo corso e chiarisse i contorni della delicata vicenda. Ora si trova in una casa famiglia. La madre ha tuttora la misura dell’allontanamento dalla piccola. Una misura imposta dal tribunale dei Minori di Venezia.

L’inchiesta è iniziata la sera del 12 agosto di cinque anni fa quando, alla sala operativa del 112, arriva la telefonata di un cittadino che segnala un preoccupante trambusto proveniente dall’abitazione dei vicini di casa. Si sentono urla, pianti disperati di bimba e imprecazioni.

Sul posto interviene una pattuglia dei carabinieri che entrano nella casa dove è stato segnalato il fatto. All’interno c’è una coppia ed una bimba di appena 3 anni. E proprio davanti ai militari, l’uomo rifila un violento schiaffo alla bimba che piange disperata. Gli uomini dell’Arma intuiscono che qualcosa non va.

La bambina viene portata all’ospedale ed è lì che il personale sanitario del Ca’ Foncello scopre che la piccola ha delle ecchimosi in alcune parti del corpo. Segni di lividi di qualche giorno prima. Per una settimana la bimba rimane ricoverata all’ospedale ma a casa dalla madre e dal compagno non ci torna più.

Dal 18 agosto 2020, infatti, su disposizione della magistratura, la bambina viene affidata ad una comunità della provincia di Venezia. Quei lividi erano frutto di violenze oppure la bimba se li era procurati in cadute accidentali, come inizialmente sosteneva la difesa?

Secondo il sostituto procuratore, titolare del caso, che aveva a suo tempo aperto un’inchiesta e poi aveva ottenuto il rinvio a giudizio, quelle ecchimosi erano la prova delle violenze fisiche che la piccola avrebbe subìto dalla madre e dal suo compagno. In base alle indagini della squadra mobile di Treviso, la piccola sarebbe stata insultata e percossa violentemente in più occasioni. A volte anche chiusa fuori di casa e costretta a stare da sola. Da qui l’accusa di maltrattamenti su minorenne.

Martedì la discussione del processo con i giudici del collegio che hanno sostanzialmente confermato le condanna chieste in aula dal sostituto procuratore Anna Ortica. Le difese sono pronte a presentare ricorso in Corte d’Appello a Venezia, dopo il deposito delle motivazioni fissato in 90 giorni. —

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