Maltempo nella Marca, il Consorzio Piave:«Tutto il personale mobilitato, la nostra rete idrica non regge più»

Parla il presidente del Consorzio Piave, Amedeo Gerolimetto «Solo le casse d’espansione ci salvano, ne servono altre»
artico agenzia foto film fagare maltempo esondazione piave
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MONTEBELLUNA. Sono quasi 1.900 i chilometri quadrati di territorio, con 92 comuni, in pratica la provincia di Treviso più tre comuni veneziani, in cui il Consorzio di bonifica Piave ha in gestione tutti gli alvei demaniali minori, quasi tutta la rete idrica di scolo di ordine inferiore, mentre di competenza del Genio Civile sono rimasti i grandi fiumi, come il Piave, il Monticano, il Livenza, il Muson dei Sassi. E nella propria rete rientrano i grandi canali e le reti derivate dal Piave, come il canale Brentella, il Canale della Vittoria, il canale Piavesella di Collalto e l’Emanuele Filiberto.

Da un paio di giorni tutto il personale del Consorzio – 4 dirigenti, 16 tra capi settore e capi unità, 25 amministrativi, 35 tecnici, 22 guardiani idraulici, 40 operai – è in preallarme per intervenire in caso di esondazioni.

Già venerdì notte aveva aperto gli sbarramenti di Fener e Nervesa, per consentire il transito delle portate di piena e lasciato al minimo tecnico le derivazioni per abbassare il livello dei canali; mantenendo la fornitura necessaria alle centrali idroelettriche private, il pomeriggio precedente aveva aperto lo scolmatore di cava Merotto per far defluire le acque in piena del Meschio, «Il fiume, che non è di nostra competenza, è salito di tre metri in un’ora a Cordignano –spiega il presidente del Consorzio Piave, Amedeo Gerolimetto – noi abbiamo uno scolmatore tra Colle Umberto e Cordignano che scarica sulla cava Merotto, ma con i 2-3 metri cubi al secondo scolmati non ha potuto influire sull’onda di piena».

Però alla fine è andata meglio di quel che si temeva.

«I valori sono stati inferiori a quelli previsti dal modello di previsione che venerdì dava valori compresi tra i 90 millimetri nelle zone più a sud e 140 millimetri nella fascia Pedemontana e quindi non abbiamo avuto esondazioni. Però le previsioni devono fare i conti con i cambiamenti climatici. Prendiamo ieri: con 16 gradi a dicembre le previsioni saltano e la situazione può cambiare radicalmente nel giro di un paio d’ore e se fino al pomeriggio è andata bene non si può escludere che nella notte la situazione si aggravi».

Ma quali sono le criticità del territorio?

«La zona Pedemontana perché arrivano le acque che scendono dai rilievi, e poi l’Avenale, che cambia rapidamente livello anche con poca pioggia e altrettanto rapidamente si abbassa e quindi può determinare allagamenti. Altra area critica è quella attorno a Montebelluna, perché la rete cittadina poggia sui canali periferici e se la pioggia è particolarmente intensa i canali risultano insufficienti a reggere la portata».

E cosa serve per far fronte a piene pericolose?

«Le casse di espansione. Dobbiamo trasformare in casse di espansione le cave esaurite. Ne abbiamo alcune a Riese, Poggiana, Castello di Godego, Asolo e Caerano, in alcune altre zone le stiamo progettando, ma servono cospicue risorse. Ieri tutte le case di espansione sono rimaste vuote, ma se fosse caduta la pioggia prevista sarebbero state importanti per far defluire le piene».

C’è anche il discorso della impermeabilizzazione del territorio, i Comuni collaborano quando si tratta di fare i piani regolatori.

«Adesso devono dotarsi anche del piano delle acque e quando ce li chiedono noi forniamo il nostro parere».

Servono le casse di espansione previste sulle Grave di Ciano, che sono al centro delle polemiche?

«Il Piave non è di nostra competenza».

Ma il fatto che i fiumi siano di competenza del Genio Civile e corsi minori invece del Consorzio non limita la possibilità di intervento?

«I grandi fiumi interessano territori vasti quindi è logico che vengano gestiti da una autorità a livello regionale. Poi collaboriamo. Abbiamo chiuso le paratoie agli sbocchi dei canali che affluiscono al Monticano da Vazzola a Motta e con l’attivazione delle idrovore che hanno tenuto all’asciutto Oderzo e Motta e le campagne circostanti. Per il Piave abbiamo chiuso le paratoie a Zenson e a Ponte dove abbiamo attivato una idrovora. E abbiamo messo in funzione l’idrovora di Portesine dove il Vallio e il Meolo avevano livelli sostenuti ma entro i limiti di guardia» . 

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