Mafia foggiana, un arresto nella Marca
Ai domiciliari un 43enne foggiano, residente a Volpago. L’operazione della Finanza contro il clan “Moretti-Lanza-Pellegrino”

Operazione della Finanza contro la mafia foggiana: un arresto è stato eseguito anche nella Marca. A finire ai domiciliari A.M., 43enne foggiano, residente da circa un anno della Marca per ragioni di lavori: e dipendente di un’impresa di Giavera. Anche per lui l’accusa è di associazione per delinquere di stampo mafioso e usura, per fatti avvenuti nel pescarese.
L’operazione è scattata martedì 14 all’alba. I militari del comando provinciale della Finanza di Pescara, col supporto del reparto operativo aeronavale e la collaborazione delle Fiamme Gialle foggiane, hanno eseguito i provvedimenti disposti dal Gip del tribunale di L’Aquila, nei confronti di personaggi di spicco della cosca “Società Foggiana”.
Tra le misure cautelari: 8 arresti, metà in carcere e metà ai domiciliari, un obbligo di dimora, due obblighi di firma, oltre a sequestri di due immobili a Pescara e Grosseto, 300.000 euro in contanti, e un vasto paniere di quote di cinque società del pescarese, per un valore complessivo di 2 milioni di euro.
Le investigazioni, i pedinamenti e le intercettazioni telefoniche ed ambientali di oltre 700.000 conversazioni, hanno svelato i rami del business del clan “Moretti – Lanza – Pellegrino” nel pescarese: usura, estorsione, ricettazione ed intestazione fittizia di beni. Un giro d’affari milionario che, nel tempo, ha consentito alla cosca foggiana di infiltrarsi nel tessuto socio economico del capoluogo adriatico, inquinandone, con il metodo mafioso, la realtà produttiva, tramite sia i traffici illeciti sulle piazze locali, che gli investimenti nelle attività imprenditoriali di spicco del territorio.
Tra queste, anche quella di una nota famiglia di imprenditori pescaresi del settore della ristorazione, vittima di tassi d’interesse fino al 600% al mese. Per un prestito di 100 mila euro, infatti, non potendo onorare il debito, gli imprenditori sono stati costretti a chiudere la partita con gli strozzini, simulando un comodato ad uso gratuito a tempo indeterminato prima, e, un contratto di affitto dopo, dell’appartamento di proprietà nel centro di Pescara, dal valore di 400-500 mila euro.
In molti casi poi, alcuni imprenditori sono stati bersaglio di minacce, aggressioni ed estorsioni; altri hanno dovuto assumere come dipendenti i loro usurai o persone a loro riconducibili. L’impiego, spesso puramente formale, ha permesso a qualcuno di questi la percezione indebita dei contributi previsti per il sostentamento dell’emergenza Covid, senza andare mai a lavorare.
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