Licenziato, si taglia le vene in tribunale

Disoccupato da sei mesi: «Non mi danno i soldi che mi spettano»
A sinistra le immagini della tegedia L’ufficio di Mariarosa Santangelo e la targa fuori dallo studio Sotto la cintura usata per salvarlo
A sinistra le immagini della tegedia L’ufficio di Mariarosa Santangelo e la targa fuori dallo studio Sotto la cintura usata per salvarlo
Disoccupato da sei mesi, lasciato a casa da una delle tante aziende trevigiane morse dalla crisi economica, entra in tribunale a Treviso e si taglia le vene con una lametta da barba. Tutto davanti agli occhi di Mariarosa Santangelo, dirigente del ramo amministrativo del palazzo di giustizia. Per sua fortuna la donna ha tenuto i nervi saldi e, nonostante il lago di sangue che si è immediatamente formato nel suo ufficio al primo piano, ha chiamato aiuto, salvandogli così la vita. E' accaduto ieri mattina in tribunale a Treviso. Poco dopo le 9.30 M. M., quarantaduenne di origini napoletane, è entrato all'interno del palazzo di giustizia. Ovviamente non è passato sotto il metal detector posto all'ingresso, che c'è ma non funziona. L'uomo è quindi salito al primo piano, chiedendo ad una addetta allo sportello di parlare con un magistrato. «Sono disoccupato e nessuno mi dà i soldi che invece mi spettano. Ho una famiglia da mantenere». La donna gli dice che, prima di parlare con un giudice, è meglio incontrare la dirigente del settore, in modo tale che questa possa indirizzarlo dalla persona più opportuna. Il quarantaduenne entra così all'interno dell'ufficio di Mariarosa Santangelo. Qui getta sulla scrivania i suoi fascicoli, lamentando in modo sconclusionato di essere senza lavoro e che qualcuno, non meglio identificato, gli deve soldi. La donna non fa in tempo a sfogliare le prime carte, che il quarantaduenne si arrotola le maniche del braccio sinistro. Poi estrae dalla tasca una lametta da barba e, senza dire nulla, si taglia in profondità il braccio, all'altezza del gomito. In pochi secondi il pavimento dell'ufficio al primo piano si riempie di sangue. La Santangelo però non si lascia prendere dal panico e ha la prontezza di riflessi necessaria per chiamare aiuto. Diversi altri dipendenti del tribunale entrano all'interno dell'ufficio della donna. Uno di questi chiama immediatamente il pronto intervento per chiedere un'ambulanza. Un altro si sfila la cintura e la lega sopra il profondo taglio, in modo tale da placare l'emorragia. L'uomo viene quindi portato al pronto soccorso dell'ospedale Ca' Foncello, dove è ricoverato nel reparto di Psichiatria. I medici non lo considerano in pericolo di vita, tanto che la sua prognosi è di quindici giorni. In tribunale arriva anche un'auto della polizia che sequestra le carte che l'uomo aveva portato con sé prima di tagliarsi le vene. Ora sarà necessario aspettare che il quarantaduenne si tranquillizzi per capire da lui cosa l'abbia spinto ad un gesto tanto clamoroso. Superato lo choc per quanto accaduto, in molti, all'interno del palazzo di giustizia, si interrogano su quanto è successo. E su quale sicurezza viene garantita a chi frequente un luogo sensibile come può essere un tribunale «Se invece di fare del male su di lui, lo avesse fatto alla persona che gli stava davanti?», si è infatti chiesto più di qualcuno.

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