«Leghismo inconciliabile con il Vangelo»: lo scrittore di Treviso Mazzocato contro l'elogio della bestemmia

Lo scrittore dopo la presa di posizione di un consigliere di Nervesa. E su Salvini: «Vederlo brandire il Vangelo strumentalmente mi imbarazza» 

TREVISO. «Deve essere chiaro: una bestemmia è una bestemmia, un’offesa irrecuperabilmente grave al dio che è centro di una religione, uno sfregio alla sensibilità comune». Gian Domenico Mazzocato, il notissimo scrittore, docente e giornalista trevigiano, non ha gradito l’elogio della bestemmia da parte di Paolo Zanatta, consigliere leghista di Nervesa (Dc in gioventù), contro il sostegno della giunta di Casale a un’originale campagna anti- bestemmia degli studenti casalesi. « No, non ci sto», rilancia lo scrittore profondamente cattolico, «erigere la bestemmia a icona di una cultura è degradante per chi in quella cultura si identifica».

Mazzocato, Zanatta contrappone il turpiloquio, in positivo, al parlar forbito. È la cultura messa al bando.

«È un’offesa generalizzata a chi in questo territorio vive, a chi lo racconta e lo rende vivo con la proprio intelligenza e il proprio lavoro. Anche con il proprio talento».



Lo dice come scrittore e intellettuale? O come veneto?

«Per la nostra storia, la nostra cultura, i nostri valori».

Altri scrittori elogiarono la bestemmia…

«Pasolini diceva: “è forse l’ultima traccia del sacro nella società contemporanea”. E si bestemmia pure nella Divina Commedia».

E poi il veneto Meneghello, in “Libera nos a Malo”.

«Il bestemmiatore si chiamava Cicàna («scommise di dirne 350 tutte diverse, e vinse senza impegnarsi a fondo», dal libro ndr). Ma non è questo il punto. Non può esserci alcuna area di impunità, per la bestemmia. Berto fu pubblicamente offeso - “stronzo” - da una scrittrice meno brava di lui. Berto querelò, ma il giudice gli diede torto. Sostenne che “stronzo” non è offesa ma “parola desemantizzata”. Cioè “tu puoi dire stronzo a uno”. E impunemente, perché quella parola non vuol più dire propriamente stronzo, ma è generica, senza “punte” corrosive e offensive. Anodino sinonimo di “sciocchino” o “imbecille”. Perfino affettuoso, toh».

Quale rapporto ha lei con la bestemmia?

«La penso da sempre come una sorta di diabolica e sacrilega giaculatoria rovesciata. Un modo per chiamare comunque l’ente supremo a testimone di quel che si sta dicendo o facendo. Ma nulla, proprio nulla del sociologismo da retrobottega che mi è parso di cogliere nella tesi del consigliere leghista. Incomprensibile, e soprattutto non scusabile».

Inaccettabile, dice lei.

«Neanche condivisibile. Ferisce l’anima profonda di un popolo fatto di credenti, di atei e agnostici. Di praticanti e non. Ha offeso gli stessi cittadini che con il voto l’hanno espresso come rappresentante in un’istituzione pubblica. Di questo popolo ha tracciato un ritratto infedele. Narra questa gente con poco rispetto della sua storia. No, non va. Lo dico senza ipocrisie e pregiudizi, senza moralismi: la chiave di lettura del consigliere è di profilo così alieno alla mia cultura di veneto che non riesco proprio a condividerla».

In facebook lei chiede se qualcuno comincerà a dire che leghismo e cristianesimo sono inconciliabili.

«È una vignetta, e come tale chiama sintesi. Ma confesso che il Vangelo e il rosario branditi strumentalmente da Salvini mi hanno imbarazzato. Non posso delegare a uno così la difesa del Vangelo, parola di tolleranza, accoglienza, e condivisione. Il Vangelo annuncia che ognuno è persona, portatore di dignità e individualità».

Curiosità: come si regola lei con i bestemmiatori?

«Se li incontro, chiedo loro di non offendermi bestemmiando in mia presenza. Ho ricevuto sempre scuse. E, potrei giurarlo, pure qualche rossore». 


 

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