Le parole dei Nomadi per l'addio a Luciano

Ieri i funerali del netturbino morto sul lavoro. Chiesa strapiena a Maserada
Luciano Genovese e il funerale di ieri
Luciano Genovese e il funerale di ieri
 
MASERADA.
«"Io voglio vivere", era una delle canzoni che cantavamo con te. Continuerai a vivere con noi. Vivrai nei nostri abbracci, nelle nostre risate, nei nostri racconti, nei nostri pensieri». Con queste toccanti parole - riferite a una nota canzone dei Nomadi - gli amici di Luciano Genovese hanno salutato ieri, al termine della cerimonia funebre, l'amico deceduto tragicamente la mattina di venerdì scorso, nello schianto tra due camion della Contarina, di cui era dipendente. La chiesa arcipretale di Maserada era strapiena. C'erano i colleghi di lavoro della Contarina, il sindaco Floriana Casellato, amici e compaesani. In prima fila c'erano i parenti e i congiunti. Coloro i quali più hanno sofferto per un dolore indicibile ed improvviso, quella mattina quando un tragico incidente ha strappato il giovane quarantreenne all'affetto dei suoi cari e della fidanzata Dorina. La bara di Luciano era ricoperta di rose bianche. Toccanti anche le parole del parroco di Candelù e Varago, don Riccardo Zanchin, durante l'omelia. «La famiglia di Luciano è stata colpita da tre morti - è stata una delle riflessioni del parroco - risuona forte una parola: perché. Perché tutto questo avviene? Di fatto l'unica risposta è il silenzio. Dio ha chiamato a sé Luciano in cielo, come Maria. E' stato chiamato per nome ed è stato abbracciato». Alla fine della cerimonia funebre, la bara è stata trasferita al cimitero di Candelù, dove Luciano riposerà accanto al papà Carlo deceduto otto anni fa di tumore e al fratello Renzo morto anch'egli in un incidente sul lavoro capitato 15 anni fa.

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