Le imprese famiglia si raccontano: Campane, stracchini, metri, ecco gli oggetti che fanno la storia
Sul palco i simboli scelti per raccontarsi: c’è chi ha portato il papà 83enne. Polegato, Astoria, ha una bottiglia; i fratelli e Pegoraro della Omp un modellino di sedia

Oggetto rappresentativo dell’azienda? «Ho portato il papà», risponde Matteo Fabbrini. Il sorriso svela l’atto d’amore camuffato da ironia: il papà Pietro, fondatore dell’azienda – Itagency, di Carbonera – è più un monumento che un oggetto, 83 anni e ancora la voglia di stare vicino ai figli Matteo e Marco, con discrezione.
Avevamo chiesto alle venti aziende di portare con sé, sul palco, un oggetto che rappresentasse loro e la loro avventura imprenditoriale.
Anche in questo hanno mostrato la varietà e l’originalità che ha fatto grandi le loro storie. Erano annunciati in tre, ma Sabrina Carraro sale sul palco da sola: e i figli Roberta e Alessandro Santi? In platea suona una campana, inconfondibile: è quella di un vecchio treno in arrivo. «Eccoli!».
Originalità e capacità di raccontarsi con un sorriso: alla Dotto Trains di Castelfranco costruiscono e vendono in tutto il mondo trenini per il trasporto turistico nelle città, e come oggetto simbolo hanno scelto proprio la campana, scintillante, di un trenino.
L’azienda familiare realizzava giostrine e banchi per le scuole, poi il fondatore Ivo Dotto, nei primi anni Sessanta, costruì un trenino da mettere nel cortile dell’azienda per attirare l’attenzione, come un biglietto da visita.
Quel trenino ora è l’azienda, la sua anima.
La sala di Palazzo Giacomelli è strapiena, i racconti emozionano. Fin troppo facile, ma quando un prodotto è iconico diventa inevitabile che diventi il protagonista.
Per questo, Silvia Lazzarin porta con sé una confezione di stracchino “Nonno Nanni”: per Latteria Montello è il simbolo di una crescita esponenziale sui mercati. «Nonno Nanni è esistito davvero, Giovanni, era il capostipite», racconta Silvia Lazzarin. Una storia esemplare di impresa-famiglia, anzi, super famiglia: «Siamo sette cugini alla guida, terza generazione, e la quarta è composta da 18 ragazzi e ragazze: abbiamo deciso che gestirà l’azienda solo chi lo merita davvero, per formazione e risultati».
Le radici, la storia: in tanti scelgono vecchie foto delle origini, o i libri in cui hanno raccontato la propria linea del tempo. Come Dersut, con Lara Caballini, o Keyline, con Mariacristina Gribaudi.
Non a caso, due aziende che hanno allestito uno splendido museo aziendale interno: con la storia delle macchine da caffè, la prima; con una vera enciclopedia diacronica delle chiavi, la seconda.
Ma c’è anche chi porta la copia della Tribuna che ha raccontato la loro storia nel ciclo “Una famiglia, un’impresa”, perché lì c’è la foto della mamma, piccolo big-bang dell’azienda: sono le sorelle Milani – Nicoletta, Francesca e Giuliana – che celebrano così il ruolo di mamma Luigina Serafin, dalle cui mani tutto è partito, negli anni Settanta: oggi l’azienda di Roncade, gestita tutta al femminile, da piccola produzione contoterzista è diventata un nome di punta nel settore delle sedute per ufficio e prodotti per la casa.
Premio speciale per il marketing: Carlo Naibo. Non lo avevamo previsto, ma il suo guizzo ne avrebbe meritato la creazione immediata.
Il giovane titolare della Bubola & Naibo, che produce cornici, guarda infatti le targhe ricordo che abbiamo consegnato alle venti imprese e precisa: «Belle, ma con una cornice lo sarebbero ancora di più, e durerebbero per sempre». Ecco, anche la propria ironia e capacità di cogliere l’attimo raccontano molto di sé. Alessia Miotto porta un display, a simboleggiare la tecnologia che la sua Imesa ha applicato al settore delle lavatrici industriali; Valentina Lot – della falegnameria che porta il nome di famiglia – ha un metro, «vedevo sempre papà usarlo per inventare soluzioni personalizzate per i clienti».
Filippo Polegato, Astoria, ha con sé una bottiglia; i fratelli Giuseppe e Luigi Pegoraro della Omp portano un modellino di una sedia, oggetto principe del loro marchio Infiniti, e sottolineano come «da seduti si gusti meglio anche il Prosecco di chi ci ha preceduti». Elena e Luigino de Lazzari portano una coppa, perché dalla produzione e dalle incisioni la loro azienda è decollata. Ma una cosa l’hanno portata tutti: l’emozione mista all’orgoglio di stare qui. Con un tocco di gratitudine per essere stati raccontati.
Ecco alcune delle storie delle imprese di famiglia
- Da una bottiglia di latte nasce l'idea vincente della Galdi di Paese
- Simone Cecchetto "Esportiamo l'effervescenza delle nostre bollicine in tutto il mondo"
- Da Trieste a Conegliano, l'avventura sdi Dersut nel mondo del caffè
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