Le dune di Scheveningen che incantarono Van Gogh

Dopo la Normandia, l’Olanda. Continua il diario di Marco Goldin sui luoghi della grande mostra del 2016.
di MARCO GOLDIN
Come un ritorno a casa, come un profumo che hai sentito nella tua vita. E in certe giornate si sgomitola nell'aria, ed è il cortile dei giochi, l'avventura che si fa piena di luce. In questa giornata in cui da Amsterdam sono venuto fino all'Aia, giorno ancora pieno di vento e lumi del Nord, accarezzato dal vento che sale dal mare. Venuto qui per incontrare la giovinezza di Vincent, ma prima occorreva passare per renderle omaggio, per stare ancora un momento dentro l'incanto della meraviglia. Così ho deviato dalla strada per la spiaggia e sono entrato nel museo Mauritshuis, tutte le sale di questa casa senza eguali, da Van der Weiden fino a Rubens, da Van Dyck fino a Rembrandt, ma soprattutto lui, Johannes Vermeer. Fino alla “Ragazza con l'orecchino di perla”. È così che ci siamo rivisti, dopo un anno o poco più, dopo la mostra che si era fatta a Bologna con successo, lei rientrata finalmente nelle sue stanze, attorniata da capolavori.

In quel suo silenzio fatto di cotone e cenere, di ora e destino. E proprio di fronte a lei, un altro quadro di Vermeer, senza paragoni, tale è la sua bellezza, il suo senso dell'accadimento lento, che aveva incantato Proust nella Recherche. Il paesaggio più bello mai dipinto da pittore al mondo, nel quale senti che tutto della vita ti passa davanti, e tutto sta raccolto in quelle nuvole nel cielo azzurro, nella luce che si posa sui muri delle case.Ma poi di corsa verso il mare, la spiaggia di Scheveningen, dove Van Gogh, all'Aia per alcuni mesi nel 1882, dipinge uno dei primissimi quadri della sua vita, dopo il tormentato inizio legato al disegno. “Voglio diventare pittore”, scrive in una lettera al fratello Theo, ed è l'inizio di un'avventura che sconvolgerà la storia della pittura e la storia sua medesima. Ma con un'altra deviazione non potevo mancare il Mesdag Panorama Museum, a vedere l'enorme tela della spiaggia di Scheveningen che Hendrik Mesdag dipinse, in collaborazione con artisti della Scuola dell'Aia nel 1881 in quattro mesi. Van Gogh la vide, e ne rimase travolto. Tutto quello spazio che si allungava verso il mare, fatto di luce e sabbia, fatto di barche ammainate come una bandiera stracciata. Tenne a mente quello sforzo titanico, assieme al suo amore per i pittori della Scuola di Barbizon, che incontrò in una mostra all'Aia nel 1882, con opere che prevenivano per la maggior parte proprio dalla collezione di Mesdag. Ne scrisse impressionato ancora a Theo, ricordando la bellezza dei lavori di Corot, di Courbet, di Daubigny, oggi raccolti proprio nel Museo Mesdag. E durante l'estate del 1882, Vincent sale sulle dune incantate della spiaggia di Scheveningen, alto sopra il mare che si frange in bianche risacche e scuri ritorni di correnti. Dipinge il quadro. Oggi siamo qui seduti, tanti anni dopo, su quelle stesse dune. Emozionati per quel trasferirsi di uno spirito nell'aria. Una musica viene dal basso, un'orchestra suona una musica jazz, l'estate è ormai un ricordo, dal mare sale una grande luna pallida, tutto è perfetto. Si sente che il suo viaggio ha lasciato tracce. Epiche, vorresti dire.
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