L’apprendista bottaio ora siede nel consiglio di amministrazione

CONEGLIANO. E chi l’ha detto che per fare carriera bisogna per forza andare all’estero? Arriva da Conegliano una storia di ascesa professionale basata su meritocrazia, pazienza, e duro lavoro. Gli ingredienti necessari perché un apprendista bottaio con licenza media, assunto a 15 anni, diventi amministratore di una delle maggiori industrie del Nordest, la Garbellotto Botti Spa.
Quell’apprendista bottaio, che oggi ha un ufficio tutto suo e siede al tavolo del consiglio di amministrazione dell’azienda, si chiama Graziano Cavalet, abita a San Fior e ha 63 anni. Continua a “sporcarsi le mani” e scendere in produzione, anche se dal primo luglio la famiglia Garbellotto lo ha premiato assegnandogli uno dei più prestigiosi ruoli dirigenziali. Una storia del Nordest che funzionava, sempre più difficile da ripetersi. Cavalet è stato celebrato venerdì sera, nella cena aziendale dei Garbellotto.
Figure professionali (e umane) come lui, secondo l’azienda, ce ne sono sempre meno. «È entrato come apprendista bottaio, e ha completato tutto il percorso professionale», spiega il titolare, Pietro Garbellotto. «Con mio padre è diventato capo fabbrica, poi direttore e dirigente, adesso consigliere delegato nel nostro cda. È stato un segnale che abbiamo voluto dare: non c’entra il titolo di studio, e non c’entra da dove si parte. Chiunque lavori con passione, capacità e fedeltà ad un’azienda può arrivare ovunque. Ora lui è responsabile dell’organizzazione del personale di produzione».
E, tra l’altro, Cavalet non ha nessuna intenzione di mollare proprio adesso che è arrivato “in alto”. E nonostante, alla sua età, potrebbe godersi i nipotini e tirare un po’ il fiato, si sente responsabilizzato dal nuovo ruolo e pronto a lavorare sodo per l’azienda: «Mi sono sempre sentito parte della famiglia», spiega l’ex apprendista, oggi dirigente. «Quando sono entrato, a 15 anni, ero un garzone. Avevo appena finito la terza media. Abitavo a San Fior, e avevo un cugino che lavorava lì. I primi anni andavo in fabbrica in bicicletta. Per una vita ho lavorato con il vecchio titolare Piero Garbellotto. A 28 anni ero già tra i responsabili, a 31 capofabbrica, dieci anni fa direttore di stabilimento, nel 2005 mi ha premiato anche la Camera di Commercio. Dall’1 luglio, mi hanno chiamato a far parte della famiglia Garbellotto».
Ma qual è il segreto per raggiungere un ruolo di vertice, partendo da zero? «Ci ho messo tutto quello che avevo. Non ho mai chiesto niente, e non ho preteso nulla a livello economico. Ho accettato quello che decidevano prima il padre, poi i figli, attuali titolari. Ci ho sempre messo la voglia, e il carattere. E l’orgoglio di essere qualcuno: me lo insegnava il titolare quando avevo 17 anni. Ora che mi hanno dato questa riconoscenza, non resterò certo a casa».
Una storia che servirà a fermare qualche giovane in fuga dall’Italia? Un ingrediente per il successo in fondo è lo stesso ovunque: «La voglia di fare. Faccio dodici ore al giorno anche oggi, e se serve sono lì il sabato e pure la domenica».
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