L'appello di Bebe Vio: "Il vaccino è salvezza, se l'avessi fatto non avrei contratto la meningite"

La campionessa parolimpica è reduce dalla cena di gala alla Casa Bianca ed elargisce consigli per evitare l'infezione
Bebe Vio
Bebe Vio

LIVORNO. «Se fossi stata vaccinata, non avrei preso la meningite». Bebe Vio, oro ai mondiali di fioretto alle paraolimpiadi di Rio, ti scaglia la verità in faccia così. Un sasso e via. Frantuma l’ipocrisia, diretta e leggera, in pedana e sulla vita. Ma non pensiate che sia stato più difficile riprendersi dalle amputazioni, imparare a usare le protesi, rimettersi in piedi e tornare a tirare. No, quello lo sapeva già che lo avrebbe fatto. Da quando aveva due anni, sapeva che sarebbe stata una campionessa e che nessuno l’avrebbe fermata. Più difficile è stato farsi il selfie con Obama (sì quello vero). E ancora di più scegliere cosa mettersi per andare a cena a casa sua nella delegazione italiana al seguito della Presidenza del consiglio. Più facile salire sul podio di Rio che trovare l’abito adatto, a 19 anni, per una cena di gala alla Casa bianca. Specie se sei (quasi) l'invitato d’onore. E se il tuo abito te lo offre Dior e fra gli invitati - che si fa la foto con te - c’è (re) Giorgio Armani. Il quale fa pure buon viso a cattiva sorte perché non hai scelto la sua griffe per la serata. Ma alla fine, una campionessa supera anche questo. Perché le prove della vita sono tante. Ignorare gli webeti che ti insultano è una delle tante. Ma è anche il segno di quanto sei in alto. Se ti invidiano, malgrado ti manchino braccia e gambe, allora tu non sei un gabbiano “ipotetico”. Tu sei il gabbiano. Tu hai le ali e loro solo le piume. Per questo ti puoi permettere di posare senza le protesi e di essere una testimonial credibile per le campagne di vaccinazione. Bebe in prima linea a fianco di chi combatte per la sanità sostenuta dalla ricerca. E dalla scienza. Solo una ragazza così può accettare di raccontare senza rete la propria esperienza. E la propria quotidianità.

Lei non era stata vaccinata contro la meningite: perché questa scelta?

«Perché i medici l’anno precedente alla mia malattia avevano consigliato ai miei genitori di aspettare, dicevano che ero troppo piccola».

Se fosse stata vaccinata, pensa che non avrebbe contratto la malattia o che la malattia si sarebbe manifestata in modo più lieve?

«Penso che se fossi stata vaccinata non avrei contratto la meningite».

Cosa risponde a chi dice che la vaccinazione comporta rischi mortali o causa patologie irreversibili?

«Rispondo che i rischi che comportano i vaccini sono nettamente inferiori rispetto alla probabilità di contrarre malattie e che, statisticamente, è molto meglio vaccinarsi piuttosto che non farlo. Tra le altre cose, non è scientificamente provato che il vaccino può causare l’autismo».

E se a dire che la vaccinazione fa male sono i medici?

«Logicamente non riuscirò mai a concepire questo pensiero, il mio esempio dovrebbe essere ufficiente per far cambiare idea anche a questi medici».

Cosa dire ai bambini e agli adolescenti per convincersi a vaccinarsi contro la meningite?

«Purtroppo il numero di persone che non ricorre alla vaccinazione sta aumentando e questo potrebbe portare a conseguenze piuttosto serie».

E a chi come lei ha avuto la meningite ed è sopravvissuto, cosa dire per diventare testimonial della vaccinazione?

«Vorrei dire di raccontare la propria storia per sensibilizzare le persone nei confronti della vaccinazione: è una questione importantissima e più se ne parla, meglio è».

C’è un momento nel quale, durante la malattia, ha provato sconforto?

«Ho sempre avuto accanto la mia famiglia, questa è stata la mia forza e senza di loro nulla sarebbe stato possibile».

Ha mai pensato di arrendersi?

«Durante le medicazioni che dovevo fare senza anestesia a casa provavo dolori fortissimi e un giorno ho minacciato di buttarmi giù dal letto. Mio papà, per smorzare la tensione, giustamente mi disse che sarebbe stato meglio buttarsi dalla finestra perchè dal letto non mi sarei fatta nulla...».

Cosa ha pensato e come ha reagito quando ha scoperto che le hanno amputato gli arti per consentirle di sopravvivere? Il suo primo pensiero. E la sua prima reazione? 

«Ho accettato le amputazioni perché sapevo che mi avrebbero permesso di sopravvivere. Nessuno più di me può dire “finchè c'è vita, c'è speranza”».

Ha mai pensato di non farcela?

«Ci sono stati momenti difficili ma ho avuto la fortuna di avere accanto moltissime persone che mi hanno dato forza».

Che cosa l'ha aiutata a farcela? Il suo stimolo, la sua forza.

«Come ho detto prima, la mia famiglia è stata fondamentale. Il mio desiderio più grande, poi, era quello di tornare a fare scherma e ci sono riuscita. C’è chi aveva detto che non avrei mai potuto farlo. Come vedete, si sbagliavano...».

Cosa pensa ogni giorno, quando si guarda allo specchio, prima di indossare le protesi?

«Penso che questa Bebe non sia poi così male, io mi piaccio così e non mi riconoscerei più senza le cicatrici sul viso e senza le protesi».

Oggi è una ragazza autonoma?

«Assolutamente sì! Una delle frasi che resteranno nella storia e che ho pronunciato all'età di due anni è stata: “Io posso fare tutto quello che io voglio fare”. Diciamo che già all'epoca era ben chiaro il mio temperamento e da allora la situazione non è cambiata per niente...”.

Un messaggio per le ragazze e i ragazzi che pensano di non farcela.

«Non mollate mai e non arrendetevi davanti agli intoppi, il futuro è davanti a voi!».

Lo sport come terapia per i bambini e i ragazzi amputati. Non si è abbattuta, Bebe Vio dopo la malattia. E dopo le amputazioni. Insieme ai genitori ha fondato una Onlus (associazione senza scopo di lucro), la Art4sport, e ne è diventata testimonial. Ci spiega gli obiettivi di questa nuova iniziativa. «Art4sport - spiega l'atleta - crede nello sport come terapia per bambini e ragazzi amputati. Sostiene economicamente e a livello pratico-organizzativo bambini e ragazzi portatori di protesi e le relative famiglie per permettergli di realizzare i loro sogni sportivi. Per vedere tutto quello che facciamo è possibile visitare il sito www.art4sport.org e seguirci sulle pagine Facebook , Twitter ed Instagram ».

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