La storia di Manuela Girotto, da Treviso alla Nasa per studiare i fenomeni meteo
Manuela Girotto, 35 anni, è research scientist per l’Agenzia spaziale statunitense, ed è una dei 15 finalisti agli Issnaf Awards 2018

TREVISO. Per uno scienziato lavorare alla Nasa? È un po’ come per un bambino entrare in un negozio di caramelle. Il massimo». Manuela Girotto, 35 anni, è research scientist per l’Agenzia spaziale statunitense, ed è una dei 15 finalisti agli Issnaf Awards 2018. Categoria Young Investigators - Environmental sciences, astrophysics and chemistry.
Quando racconta del suo lavoro parla di un’avventura professionale incredibile. Per lei, originaria di Treviso e laureata in ingegneria ambientale all’Università di Padova, lo sbarco in America è stata un’occasione da prendere al volo dopo un percorso di studi impegnativo.
Prima c’è stata la specializzazione in Italia e poi un dottorato all’Università della California che l’ha portata nel 2009 a trasferirsi a Los Angeles. «Non avevo in programma di lasciare l’Italia - dice -. Dei primi mesi negli Stati Uniti ricordo quanto mi mancasse la mia famiglia. Ed è tuttora così, ma a posteriori posso dire di aver preso la decisione giusta. A Padova avrei fatto fatica a crescere professionalmente così tanto in così pochi anni». E infatti quando arriva la chiamata da Washington DC nel 2014 Manuela quasi non ci crede.
Inizia a lavorare al Goddard Space Flight Center della Nasa, a Greenbelt, nel Maryland. Non si tratta di una sede qualsiasi ma del centro d’eccellenza dedicato a Robert Goddard, il padre della propulsione dei moderni razzi spaziali.
TREVISO. «È stata ed è un’esperienza incredibile e anche molto sfidante, ‘challenging’ come dicono qui. Nei corridoi ti può capitare di incontrare scienziati famosi, di cui magari hai letto tutto sui libri dell’università. Appena arrivata ricordo quanto fossi elettrizzata all’idea di essere diventata una loro collega».
Oggi per la Nasa Manuela è nel team del Global Modeling and Assimilation Office. E si occupa di «hydrologic data assimilation», ovvero utilizza i dati e le immagini raccolti dai satelliti per prevedere e studiare i fenomeni meteo. Nello specifico il suo impegno quotidiano si concentra sull’analizzare le risorse idriche presenti in un determinato territorio. «Uno dei miei ultimi studi - spiega - riguarda l’India. Grazie all’utilizzo dei satelliti è possibile stabilire dove sono collocate le falde acquifere e in che misura e perché si esauriscono al di sotto della superficie terrestre».
Manuela lavora sulle cosiddette «groundwater», le acque sotterranee indispensabili per l’irrigazione dei campi, il rifornimento delle reti idriche cittadine o i processi industriali. «Fare ricerca in questo ambito è complesso, faccio spesso fatica a spiegare in che cosa consiste il mio lavoro. Ma è il fine che fa la differenza. Studi simili permettono di ottenere informazioni utilissime per, ad esempio, prevenire il rischio di siccità e porre le basi per gli interventi locali».
Per portare avanti i suoi studi Manuela aggiunge che per fortuna può confrontarsi con un team di colleghi provenienti da tutto il mondo. Nella base però ci sono anche molti connazionali. «Nel tempo, ci siamo creati una bella squadra di italiani, siamo attualmente una ventina tra ricercatori, ingegneri e scienziati. È una delle poche occasioni in cui riesco a parlare in italiano. Per il resto la lingua della scienza rimane l’inglese».
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