La sfida di Giulia: «Anoressia, ti sconfiggerò»

CONEGLIANO. «Il mio rapporto con il cibo era diventato guerra. Oggi è una lotta continua. L'anoressia non sparisce mai, ma se la conosci riesci a dominarla, come si fa con il nemico». Giulia Pezzullo, 24 anni, di Conegliano, ha deciso di raccontare la sua malattia. Non un atto di esibizionismo, ma una testimonianza per spronare altri che si trovano nella sua situazione a sentirsi meno soli, magari a condividere con qualcuno che ci è passato il proprio vissuto.
«Va di moda fare le campagne anti anoressia con le modelle ma ci si ferma alle foto shock. Per aiutare davvero bisogna andare più a fondo». Solo chi ha provato può capire. Giulia si è ammalata tre anni fa. «Tutto è iniziato nel mese di febbraio, avevo cominciato a essere molto più attenta a quello che mangiavo. Io stessa pensavo che fosse un normale rimettersi in forma» racconta. «Perdo qualche chilo, è tutto sotto controllo» ripeteva tra sé e sé. No ai fritti, le prime rinunce ai dolci e ai formaggi, i primi rifiuti a una cena con le amiche. Quasi senza accorgersene, il filo tra la dieta e la malattia si assottigliava sempre di più. Alla fine si è rotto e Giulia è precipitata in un baratro senza fine. L'ossessione per le etichette, il dramma dei grassi e delle calorie e quel fastidio, crescente, quasi insopportabile, nel sedersi a tavola con altri e nell'ascoltare commenti sui propri rifiuti. E ancora, i bocconi masticati per minuti interi, così il piatto restava pieno e gli altri non le chiedevano di fare il bis. «Nel giro di qualche mese avevo perso completamente la cognizione di causa. Le porzioni si riducevano e in compenso non mi fermavo un momento. Mangiavo e consumavo tutto facendo cyclette, corse e passeggiate» confessa oggi, ripensando a quei momenti. Il primo a rendersi conto che qualcosa non andava è stato il fidanzato. «Mi faceva notare che non andava bene mangiar così poco. Ma più mi voleva aiutare e più mi dava fastidio. Era diventato l'ostacolo tra me e la mia malattia» ammette la giovane coneglianese «ci siamo lasciati».
Il filo si è rotto il 10 giugno 2012, quando la bilancia segnava 34 chilogrammi. «Non riuscivo neppure ad alzarmi dal letto. Mi sono detta: “Così non posso andare avanti”. Ho chiesto a mia madre di portarmi al Pronto Soccorso per farmi una flebo». Guardandosi indietro, quell'ammissione è stata forse la sua salvezza. L'hanno ricoverata d'urgenza. «Ho rifiutato il sondino per l'alimentazione artificiale e mi sono imposta di mangiare, sforzandomi». Prima gli yogurt a pasto, per riabituare il corpo. A poco a poco anche i cibi solidi come il pesce, la frutta e la verdura, accompagnati dalla psicoterapia. «La mia famiglia mi ha supportata molto, per quello che ha potuto. Mi è stata vicina ma l'anoressia richiede un aiuto dall'esterno e da te stessa». Ci è voluto tempo per riannodare quel filo. Adesso, l'ago della bilancia si ferma a 45 chilogrammi. «Il rapporto con il cibo è una lotta continua, l'anoressia lascia il segno, ogni tanto torna a bussare, ma sto capendo dove sono i suoi tranelli e quando mi apre la sua gabbia per farmici entrare le rispondo: “ No”».
Di progressi Giada ne ha fatti molti dal momento ricovero, ora ha stabilito che il suo piatto preferito è «il salmone con i broccoli». Dolci ancora pochi, evita le pasticcerie, ma si concede «qualche pezzo di cioccolato fondente e lo yogurt alla frutta». Anche il rapporto tra il suo corpo e lo specchio è cambiato. «La distorsione visiva se n'è andata. Mi vedo in modo più realistico». Finalmente la sua vita non si ferma al conteggio delle calorie o alla conta di quanti pezzi di verdura finiscono nel piatto. Lo sguardo è proiettato al futuro. E' tornata da poco dalla Sardegna, vuole studiare e diventare assistente per l'infanzia. «Credo che le motivazioni dell'anoressia dipendano molto dalle relazioni affettive e genitoriali che si formano in tenera età» racconta «voglio fare qualcosa per aiutare chi viene colpito dall'anoressia». In attesa di dare forma al sogno, lancia il suo messaggio. «Un disturbo alimentare porta con sé un dolore mentale invisibile. Più si cerca di tenerlo nascosto, più si fa pesante. Non domandatevi perché l'anoressia sia successa proprio a voi» ma piuttosto «pensate che quel dolore è arrivato per darvi la possibilità di reinventarvi e togliere la maschera. Noi abbiamo scelto una strada difficile da percorrere, ma non impossibile».
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