La “sedia” di Federico Barbarossa in degrado sulle colline a Ceneda

LA STORIA
Lo chiamano “el caregon del diol”. Si tratta di ciò che resta di una torre lungo la strada che, a Ceneda, sale da piazza Giovanni Paolo I° fino al castello di San Martino. Aldo Bianchi, dell’Associazione “Zhéneda”, lancia l’allarme: quel manufatto si sta sgretolando e c’è chi continua a dargli l’assalto. La storia parte dal Medioevo, epoca in cui “el caregon” è stato costruito. «È un sito molto amato e frequentato da noi cenedesi – spiega Bianchi - che amiamo raggiungerlo in passeggiata perché lassù c’è un belvedere sul nostro quartiere, sulla città, fino talvolta a traguardare la laguna di Venezia. Purtroppo, però, è diventato anche un luogo con poca sicurezza. Mancano transenne protettive, d’altra parte la proprietà del sito è privata. I sassi si sgretolano a terra, non stanno più insieme a causa delle erbe e addirittura degli alberi che crescono nelle fessure. Qualche masso è caduto e non viene nemmeno recuperato». «La torre meriterebbe un puntuale restauro, ma – afferma Bianchi – sarebbe intanto necessario che venisse recintata lungo tutto il suo perimetro, per impedire che venga scalata». L’associazione Zhenéda si rende disponibile ad installare, se riceverà l’autorizzazione dai proprietari, una targa che documenti la sua storia. «Mi spiace ammetterlo – rileva Bianchi - ma al momento il nostro “caregon” fa parte purtroppo del degrado di Ceneda e di quella sensazione di abbandono che i suoi residenti avvertono». Da villa Papadopoli alla fontana in piazza, dal santuario di San Rocco alla torre del “diol”. Il “caregon” è quanto rimane dei ruderi di un palazzo medievale che presentano appunto un’inquietante forma di sedia gigantesca che ha dato origine a storie e leggende. Secondo una di queste, il “caregon” sarebbe stato il seggio di Federico Barbarossa quando, nel 1179, arrivò a Ceneda. L’imperatore fu paragonato, per la sua imponenza fisica ed il colore della sua capigliatura, al diavolo, detto “diol” nel dialetto locale. Ed è appunto questa storia (o leggenda) che l’associazione Zheneda vorrebbe presentare nella bacheca da sistemare vicino al rudere. —
F.D.M.
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