La passione per il denaro. Altrui

All’inizio fu Maria Teresa Favero. La direttrice della filiale di Fossalta Maggiore del Credito Cooperativo del Piave, è stata la prima di una lunga serie di funzionari e dipendenti di banca, di promotori e di assicuratori finiti sotto inchiesta per aver derubato - di fatto - i clienti che seguivano.
La donna venne indagata nel 1999 con l’accusa di aver intascato i soldi dei clienti secondo un meccanismo che anticiperà di qualche anno il «sistema Ponzi»: quello di togliere da un conto e di coprire gli ammanchi usando i soldi provenienti da un altro, sperando che non si inceppi tutto.
La donna, che risiedeva a Cessalto ed era devota di Padre Pio, svuotò i conti correnti dei risparmiatori usando i soldi per appianare i debiti dell’azienda del marito, per comprarsi gioielli e per pagarsi gli alberghi delle vacanze. Quindici miliardi i vecchie lire l’ammanco contestato all’epoca dagli inquirenti che costò alla donna una pena di 4 anni in primo grado e di 2 anni e 8 mesi in Appello. I risparmiatori hanno dovuto fare causa civile per ottenere i risarcimenti, qualcuno ha incassato solo nel 2012.
Ma gli anni seguenti hanno visto un «fiorire» di bancari e promotori infedeli. Come l'appropriazione indebita contestata a cinque dipendenti della Popolare di Verona, filiale di Montebelluna.
E poi, nel mondo delle assicurazioni, il caso di Aldo Loschi di Treviso che sparì dalla città con i soldi dell’agenzia: 2 miliardi di vecchie lire.
Francesco Rigon di Vedelago, ex funzionario della Cassa Rurale ed Artigiana di Treviso, filiale di Sant'Alberto di Zero Branco, finì a processo per appropriazione indebita, per aver intascato 156 mila euro sottratti ai clienti.
Il caso più recente, e probabilmente il più eclatante, è quello dell’ex promotore finanziario di Crédit Suisse Daniele Vidotto, 52 anni, anche lui residente a Conegliano. L’uomo è oggi alla sbarra per appropriazione indebita, per aver intascato 3 milioni di euro. Vidotto, che nel frattempo è stato radiato dall’Albo, era il promotore dei vip e dai loro conti avrebbe prelevato le somme che poi utilizzava per ristrutturare l’edificio acquisito in zona Buranelli. Un ammanco clamoroso anche perché di grande spicco erano i nomi dei suoi clienti. Anche in tal caso il sistema applicato era il «Ponzi»: ai clienti assicurava rendimenti da favola sugli investimenti (documentati con una falsa rendicontazione), mentre in realtà i conti risultavano prosciugati. I soldi venivano fatti transitare nel conto corrente di un prestanome, finito a sua volta sotto inchiesta. (s.t.)
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