"La pagherete". Minaccia i carabinieri per la morte di Major

Denunciato un cugino di Manuel Major, il rom morto nella sparatoria con una guardia giurata dopo una fuga notturna a Vedelago. 

VEDELAGO. «Dovete stare attenti anche voi, ve la faremo pagare». Una frase più o meno simile, pronunciata da un componente della famiglia Major e indirizzata ai carabinieri della compagnia di Castelfranco, durante un controllo stradale a Vedelago. C’è anche questo retroscena, nel calderone dell’inchiesta sulla morte del giostraio Manuel Major, ucciso all’età di 37 anni da un colpo di pistola, sparato dal vigilante cittadellese dei Rangers Massimo Zen, nell’aprile scorso, durante un inseguimento a Barcon di Vedelago, dopo una serie di assalti notturni ai bancomat della Marca.

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Per quelle frasi, indirizzate ai carabinieri della compagnia di Castelfranco, “rei” di aver partecipato all’inseguimento della Bmw rubata, alla guida della quale c’era il giostraio poi deceduto, uno dei Major che l’ha pronunciata, un cugino di Manuel, è stato denunciato per minacce a pubblico ufficiale. I veleni, dunque, continuano a covare sotto la cenere di un caso che ancora tutto aperto.

L’episodio, tenuto sotto silenzio, risale a qualche settimana fa e non è comunque stato sottovalutato dagli uomini dell’Arma. In procura, il caso Major s’è arricchito di un nuovo fascicolo legato alla tragica sparatoria della notte del 22 aprile. Se da una parte le indagini proseguono per ricostruire l’esatta dinamica degli eventi, bisogna dire che, dopo la morte del giostraio, i veleni sono covati sotto le ceneri di un’inchiesta molto delicata. Dopo le minacce via mail, recapitate all’azienda di vigilanza che dà lavoro a Zen, la Battistolli di Castelfranco (“vi porteremo la testa di Massimo Zen infilata in un ferro da spiedo”), ecco un nuovo episodio di minacce, stavolta ai carabinieri, con un nome ed un volto ben preciso. Nel mezzo, a rinfocolare le tensioni, anche una lettera anonima recapitata a casa della famiglia Major in cui si ipotizzava che Zen fosse stato inviato a Barcon di Vedelago da un carabiniere impegnato, la notte della tragedia, nell’inseguimento della Bmw dei banditi. Una lettera, dunque, che smontava la tesi di un incrocio casuale tra il vigilante e i fuggitivi a Barcon accreditando l’ipotesi di una volontarietà. Nella stessa lettera si chiamava in causa anche l’arma giocattolo trovata a terra, in un campo vicino al luogo della sparatoria e in cui si ipotizzava che fosse stata messa là apposta per avvallare il racconto di Zen che aveva detto di aver sparato perché minacciato da un’arma che spuntava dall’auto dei banditi.

La tragedia risale alla notte tra venerdì 21 e sabato 22 aprile scorsi. Sono le 4.45 quando, in via Pomini a Barcon avviene la sparatoria. Una Bmw grigia, con a bordo tre banditi, viene intercettata da una pattuglia dei Rangers della Battistolli. Nasce un conflitto a fuoco. La guardia giurata Zen vede spuntare dal finestrino della Bmw una mano armata di pistola e, sentendosi minacciato, esplode tre colpi. Uno dei colpi della Glock d'ordinanza del vigilante colpisce alla testa l'autista della banda, Manuel Major. L'auto prosegue nella fuga per qualche decina di metri e poi si blocca. I due complici di Major escono di corsa dall’auto e spariscono. A qualche decina di metri dall’auto viene ritrovata dai carabinieri una pistola giocattolo. Manuel è invece riverso esanime sul volante. Morirà tre giorni dopo, in un letto del reparto di rianimazione del Ca’ Foncello di Treviso.

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