Giostraio morto nella sparatoria a Vedelago, la difesa del vigilante: «Anch’io ho rischiato la vita»

Zen sarà ascoltato in Procura: dirà di essere stato minacciato da un’arma. I colleghi: «È un professionista serio, ma ora ha paura ed è scosso dall’accaduto»

Bandito ferito alla testa da un vigilantes a Barcon di Vedelago

VEDELAGO. Massimo Zen da oggi sarà formalmente indagato per omicidio. La guardia giurata 47enne ieri era nella sua casa di Cittadella che condivide con la compagna quando le è stata comunicata la notizia del decesso di Manuel Major, il giostraio che all’alba di sabato aveva colpito alla testa con un colpo di pistola dopo aver cercato di interromperne la fuga. La posizione difensiva di Zen è chiara: «Ho agito per legittima difesa», ha dichiarato al suo legale, l’avvocato trevigiano Daniele Panico, «e anche se mi hanno cercato centinaia di persone, non parlerò finché non sarà delineato il perimetro delle accuse che mi vengono mosse». In particolare, Zen avrebbe riferito di aver visto esplodere, dall’auto dei banditi in fuga, tre spari veri e propri: sarà questa la sua linea difensiva.

Morto il giostraio colpito alla testa nella sparatoria di Vedelago
Il luogo della sparatoria

Sarà anche una battaglia di perizie: la Procura ha affidato ai carabinieri del Ris di Parma le indagini sul sito dell’incidente, in via Pomini a Barcon di Vedelago e dintorni, e sull’auto dei banditi. Oggi Massimo Zen, assieme al suo legale, sarà ascoltato dal magistrato (l’indagine è stata aperta dal pubblico ministero Gabriella Cama), quindi dovrebbe per la prima volta fornire pubblicamente la propria versione dei fatti. Chi lo conosce e gli è stato vicino in questi giorni parla di un uomo profondamente colpito dall’accaduto, sospeso tra la convinzione di aver fatto la cosa giusta, il rammarico per l’esito drammatico dello scontro, e la paura per eventuali ritorsioni da parte del clan dei Major. «È un professionista serio, gli è stata assegnata la Stella d’Argento per meriti di operato, ma è pur sempre un essere umano, non può non risentire di quanto accaduto», ha raccontato ieri un collega dei Rangers.

E proprio dalla società di vigilanza, il Gruppo Battistolli, è arrivata ieri una presa di posizione ufficiale: «La società è profondamente colpita. Nel ribadire la propria fiducia nell’autorità giudiziaria che sta vagliando l’intera vicenda in ogni suo aspetto, sottolinea di essersi messa a disposizione degli inquirenti, offrendo il più ampio supporto affinché venga al più presto delineata in modo chiaro ed inequivocabile la dinamica degli accadimenti».

Dal Gruppo Battistolli anche una rassicurazione circa la formazione dei propri agenti: «Sono tutti scrupolosamente selezionati e supportati da una formazione continua, tale da garantire ad ogni guardia giurata la capacità di osservare i dettami normativi, nell’affrontare le quotidiane incombenze a tutela del patrimonio dei propri clienti».

Massimo Zen resta formalmente in ferie. La sua (unica) pistola d’ordinanza è sotto sequestro dall’autorità giudiziaria, ma non gli è stato revocato il porto d’armi. Assicura che il suo comportamento, la sera della tragedia, è stato inattaccabile. Ma davanti lo aspetta una lunga vertenza giudiziaria. E qualcosa di più sottile ma non meno insidioso: «Ha paura», dicono i colleghi. Paura del clan dei Major e di possibili ritorsioni. Tanto di aver chiesto alle forze dell’ordine una protezione speciale per sé e per i suoi familiari.

 

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