La maxitruffa dei finti tamponamenti
Incidenti provocati ad arte per intascare i soldi dell'assicurazione: 24 arresti
TREVISO.
L'auto dei nigeriani vi ha frenato davanti all'improvviso, e l'avete tamponata? O vi è venuta addosso in una rotonda in maniera quantomeno sospetta? Bene, sappiate che non siete gli unici, anzi: siete in compagnia di oltre cinquecento altri automobilisti finiti nella rete di una maxi-organizzazione dedita alle truffe a base di incidenti "provocati". Dopo tre anni di indagini della polizia, ieri sono scattate le manette ai polsi di 24 persone. Tutti nigeriani: dodici sono in carcere, altrettanti ai domiciliari. L'accusa: associazione a delinquere finalizzata alla frode e alla truffa ai danni di assicurazioni. Denunciati anche 480 complici, facevano le "comparse" negli incidenti e poi chiedevano soldi per presunti danni fisici: un numero mostruoso che certifica l'organizzazione capillare di una banda che ha agito a Treviso, Venezia, Padova, Jesolo, San Donà, ma che poi ha allargato il giro della maxi-trappola alle Marche (Pesaro, Urbino, Ancona, Fano, Senigallia) e all'Emilia Romagna (Ferrara, Bologna, Rimini, Faenza, Imola, Forlì, Cesena). Una truffa da oltre venti milioni di euro fra danno alle assicurazioni, agli automobilisti e alle casse del sistema sanitario nazionale.
Il sistema.
Il sistema era semplice: i nigeriani, assieme a complici connazionali che viaggiavano nelle stesse auto, provocavano incidenti ad arte. Erano bravi a "provocarli" facendo risultare gli altri automobilisti come responsabili: per esempio, facendosi tamponare. Poi, definite le pratiche per le assicurazioni, arrivavano le richieste di indennizzo da parte dei passeggeri, tutti finiti al pronto soccorso con colpi di frusta, stiramenti, mal di testa, contusioni varie. E i soldi arrivavano puntuali, anzi, di più: se nell'auto c'erano tre nigeriani, per esempio, a chiedere certificati di malattia poi erano in quattro o cinque. Possibile che nessuno se ne sia accorto prima? Evidentemente sì. I nigeriani, insomma, incassavano i soldi per riparare l'auto - due o tre volte, poi la rottamavano - e si intascavano pure gli indennizzi per i danni fisici subiti, o comunque ben simulati. Frenate improvvise, manovre azzardate, scontri strani: il campionario degli impatti è vario, ma il tamponamento provocato era di gran lunga il sistema preferito. Per la loro messinscena, i nigeriani sceglievano con cura le vittime all'apparenza più deboli: automobilisti anziani, donne sole. E spesso di sera: chi scendeva dall'auto, al buio, e si trovava di fronte tre o quattro energumeni, di solito aveva poca voglia di discutere o di lamentarsi, e firmava la constatazione, mai così poco amichevole.
L'indagine.
L'indagine è nata quasi per caso, riscontrando alcune strane anomalie: in numerosissimi incidenti tra il 2005 e 2010 erano coinvolte sempre le stesse persone. Quello che gli investigatori hanno smascherato (squadra mobile di Treviso e polizia giudiziaria) è un sistema oliato, perfetto fin quando è durato. I nigeriani erano bravi a non farsi beccare: anche se le persone coinvolte erano spesso le stesse (uno di loro è protagonista addirittura di ottanta incidenti), sulle constatazioni amichevoli veniva sempre commesso qualche erroretto volontario, per esempio cambiando una lettera del nome o la data di nascita. Nei "cervelloni" elettronici delle assicurazioni, insomma, sono riusciti a mimetizzarsi a lungo. Per incastrarli è servita un'indagine lunga tre anni e meticolosissima: 350 testimoni sentiti, 40 perquisizioni, 270 mila intercettazioni telefoniche.
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