Ira, il viaggio in Russia per ritrovare i fratelli Una famiglia biologica sparsa nel mondo

Ha 28 anni, è stata adottata vent’anni fa da una coppia trevigiana Madre assassinata dal padre, è morto il primogenito che salvò tutti 

ritorno a casa

Un Natale speciale e diverso, quello di Ira. Designer orafa, 28 anni, vive a Merlengo di Ponzano e lavora a Villorba.

Il suo sarà il Natale della memoria e delle radici. Lontane, molto lontane, anche se trapelano ogni tanto nel suo italiano: Carelia, estremo nord delle Russia. E la capitale Petrozavodsk, sei ore abbondanti di treno da San Pietroburgo.

Dov’è nata, Ira, ed è cresciuta, ottava di dieci fratelli, 4 maschi e 6 sorelle prima di venir portata in un istituto con altre due cugine. Tornerà laggiù, fra pochi giorni, per la prima volta da quando è stata adottata da una coppia trevigiana, giusto 20 anni fa: Walter Bernardi e Renata Gobbo.

Rivedrà fratelli e sorelle che non ha mai potuto vedere. A parte due che vivono come lei in Italia, gli altri sono sparsi per il mondo, dalla Russia all’America E potrà visitare la tomba della madre, assassinata dal padre, ufficiale di carriera dell’esercito, alcolista, che poi si è lasciato morire in prigione e non ha nemmeno una tomba. Il destino non ha risparmiato la famiglia già sparsa di Ira: un infarto ha stroncato Roma, il fratello più grande,

Ira chiude un ciclo di tempo e di spazio, e come Ulisse fa i conti con il suo passato. La nave è diventata la rete, Facebook che apre orizzonti, scandaglia vite e recupera passati, incrocia esistenze e destini, recupera radici comuni in ragazzi divisi in tre continenti. Prima della stessa legge, che impone a Ira di attendere i 25 anni per cercare la sua famiglia biologica. Una ricerca che le ha portato lutti, dolore, ma anche il piacere di scoprire il destino degli altri suoi fratelli e sorelle. E i due grandi bivi che hanno inevitabilmente scandito la sua vita.

I DUE BIVI

Il primo nel 1994, l’istituto. «Mi ricordo un furgoncino che arrivò a casa nostra, avevo 4 anni, c’erano due assistenti sociali, hanno preso me, altri frarelli e sorelle e ci hanno portato in questo istituto a 15 chilometri dal paese», racconta lei, «ho saputo dopo che era stato Roma, il nostro fratello più grande, a chiamare i servizi sociali, aveva detto che non si poteva più andare avanti in casa. E cosi noi minori di 12 anni, come dice la legge russa, finimmo in istituto. Roma aveva visto giusto, gli siamo tutti debitori». E poi, il 1998: in un gennaio polare approdano a Petrozavodsk Renata e Walter. «Non solo loro, c’erano altre coppie, siamo partite tre sorelle, quel giorno, io Tanja e Vika», racconta Ira, «e ho sempre negli occhi la scena di uno dei fratelli che rincorre piangendo il furgoncino che parte. Aveva capito tutto anche lui. Siamo finite tutte in Italia, loro due in Campania, a Scafati e Napoli, io a Treviso». A questo è già oggi, futuro realizzato, incontri e scoperte, assecondate dalle nuove famiglie, non “bio” ma non per questo meno amorevoli. Il piccolo Igor, che lei lasciò in fasce, vive oggi negli States... potenza della rete, della tecnologia, di un mondo sempre più a portata di mano e di clic, più forte di ogni meccanismo di protezione che le legge dispone.

LA LETTERA DI ANJA

Ma Ira dice che tutto è partito da lontano, anche questa ricerca. «Il giorno della partenza Anja, la sorella che non era entrata in istituto perché aveva già 12 anni, mi aveva lasciato una lettera. C’era scritto “non dimenticarti mai che hai una sorella più grande, vieni sempre a trovarmi, e non dimenticare la mamma” e poi “tieni sempre questa lettera con te, non buttarla mai via, mi mancherai tanto”. Adesso potrò finalmente rivederla, lei è rimasta lì, è un momento che attendo con grandissima emozione, non l’ho mai dimenticata ».

la rinascita A TREVISo

La nuova vita di Ira, a Treviso, comincia con pianti infiniti. «Avevo rabbia, quando siamo arrivate alla stazione di San Pietroburgo, avevo capito che non sarei tornata in istituto e che mi avevano fregato», confessa Ira, diventata Irina all’anagrafe italiana, «non accettavo il cognome e nemmeno il nome cambiato con il diminutivo. Ci è voluto tempo, ma poi mi sono pian piano integrata, ho scoperto di avere genitori meravigliosi». Elementari, medie, il liceo artistico, la scuola di design industriale e la specializzazione in oreficeria. «Mi hanno tutti voluto bene, questo mi ha aiutato a inserirmi».Tornerà dopo la Befana, Ira. Tre settimane per creare un gioiello impareggiabile, tutto interiore, che nessuna teca potrà ospitare. Immateriale come il legame di sangue, inossidabile come una famiglia che non c’è più ma resta dentro. Puro e splendente come può essere solo l’infanzia, spezzata per incastonare una nuova esistenza, in un ’altra famiglia.

Andrea Passerini

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