«Io, sette ore in fila di notte per un tampone: così non ha senso, ci ammaleremo tutti»

TREVISO. Al drive-in la coda notturna è interminabile: per riuscire a sottoporsi al tempone ci vogliono almeno sette ore. Trascorse provando a dormire e a chiedersi perché dal tendone della dogana esca solo un’auto ogni 15 minuti. La risposta arriva solo una volta all’interno: un’unica postazione attiva per fare insieme i test rapidi e i molecolari. «Ma così la coda diventa una trappola. Quanti genitori hanno accompagnato i figli in questi giorni? Quanti figli hanno portato i genitori anziani a farli? In questo modo si raddoppiano i casi». Lo sfogo è di Monica Mezzalira che il primo venerdì col coprifuoco l’ha trascorso in coda alla dogana e prima di andare a dormire col sole già alto, ha scritto al presidente della Regione Luca Zaia e all’Usl, raccontando il suo incubo. D’altra parte le code a San Giuseppe sono documentate nella foto qui accanto anche dal nostro lettore Vittore Trabucco.

Il figlio 16enne di Monica Mezzalira è risultato positivo la scorsa settimana, dopo un test eseguito, insieme ai compagni di classe, al Covid Point di Altivole. «Lì ci abbiamo messo quattro ore e tutto è filato liscio», sono le sue parole. «Questa volta abbiamo deciso di andare di notte a farlo in dogana a Treviso per non gravare sul servizio giornaliero, pensando che avremmo trovato poca coda, e che intanto mio figlio avrebbe potuto dormire un po’. E quando siamo arrivati devo dire che ero speranzosa, perché non c’erano tantissime auto. La coda arrivava fino all’inizio del cavalcavia».
Sono le 23.20 quando arrivano in viale Serenissima. Ma le prospettive peggiorano progressivamente. La fila è praticamente immobile, in un’ora si guadagnano una ventina di metri, non di più. «Non vedevo auto uscire dal tendone e allora mi sono messa a contare i minuti che ci impiegavano: ne usciva una ogni quindici o venti minuti. Non capivamo il perché», prosegue Mezzalira.
Passa il tempo e la speranza di “sbrigarsela” in quattro ore scema rapidamente. «Tra l’altro le auto devono rimanere spente mentre si è in coda, e la notte non fa certo caldo», racconta un’altra ragazza arrivata in coda attorno all’una, e tornata a casa alle 8. I bagni? Due bagni chimici e, visto che ad usarli sarebbero con molta probabilità persone positive al Covid, non c’è la voglia di scendere dall’auto per infilarcisi dentro. «E con i bambini e gli anziani, come si fa?».
Quando Monica Mezzalira con il figlio riesce a entrare nel tendone per farsi il tampone, sono le 6 della mattina. «E ho capito perché non si andava avanti: c’erano solo due ragazze, una che faceva i tamponi e una che si occupava dei documenti e delle etichette adesive. L’operatrice che eseguiva i test doveva pure preoccuparsi di andare a piedi a verificare auto per auto che tutti avessero la prescrizione medica. In più, con una sola postazione, hanno eseguito sia i test rapidi che quelli molecolari. Chi faceva i primi è stato tenuto lì ad attendere l’esito, rallentando ancora di più la coda», aggiunge Mezzalira.
Nel tendone della dogana per il turno notturno solo due persone, «l’operatrice era lì dalle 21: come si può pensare di lasciarla da sola con tutta quella gente? Con il rischio poi di commettere errori, di eseguire male i tamponi», aggiunge. Solo alle sette il cambio di turno, che ha fatto arrivare quattro équipe alla dogana, riportando a pieno regime il punto Covid di viale della Serenissima. «In quelle sette ore sono stata in auto con mio figlio. Se non risulterà negativizzato, ci saranno due positivi invece di uno solo. Gestire così il punto tamponi», conclude, «equivale ad aumentare i contagi. Non ha alcun senso». —
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