«Io, da 3 anni assessore regionale in Sicilia costretto a lasciare per la parità di genere»

Alberto Pierobon, 59 anni, montebellunese di adozione: «Ho cercato di portare sull’isola l’esperienza maturata al Nord» 

l’intervista

Per quasi tre anni ha ricoperto l’incarico più spinoso nel territorio più difficile: assessore all’energia, rifiuti, cave, miniere e idrocarburi della Regione Sicilia. Alberto Pierobon, 59 anni, alla fine ha dovuto dimettersi: non per qualche scandalo o inchiesta giudiziaria ma per il più generico motivo di equilibrio di genere.

Il presidente Nello Musumeci ha chiesto un sacrificio all’unico assessore che non poteva dire di no, non avendo alle spalle un apparato elettorale. Anche se la sua uscita dalla giunta ha suscitato un’ondata di solidarietà e di attestati di stima: dagli industriali agli ambientalisti, dai partiti di opposizione a sindaci, prefetti, magistrati.

In fondo, in questi tre anni Pierobon – nato a Cittadella, cresciuto a Montebelluna dove vive – ha portato un po’ della sua esperienza maturata sul campo (a partire dall’invenzione del Consorzio Treviso 3 e della raccolta differenziata “spinta” del porta a porta) nella complicata gestione dei rifiuti in Sicilia.

I risultati non sono mancati: un Piano rifiuti che allinea la regione al resto d’Italia, il primo censimento delle discariche attive (in Sicilia sono 511), una differenziata balzata da poco più del 20 a oltre il 40 per cento, lo sblocco di 15 miliardi di investimenti nel settore energetico e alcuni iniziative formali che però assumono un profilo sostanziale come l’istituzione del Comitato per la legalità, il Registro pubblico dei lobbisti, la digitalizzazione delle pratiche.

«Sono stati tre anni molto intensi», spiega Pierobon. «Ammetto di essere anche cambiato profondamente, è stata un’esperienza totalizzante e molto utile anche sotto il profilo umano».

L’impatto come è stato?

«All’inizio mi avevano sottovalutato, pensavano fossi un pendolare dell’assessorato, uno che arrivava al martedì e ripartiva il venerdì. Invece ho preso subito casa a Palermo, mi sono immerso nella realtà siciliana, ho voluto conoscere le persone e i luoghi, da buon veneto in ufficio arrivavo per primo e uscivo per ultimo. E poi parlavo con tutti: dall’usciere al prefetto, ho evitato i salotti e mi sono sempre pagato i biglietti per le mostre o per il teatro».

Qual è stata la parte più faticosa?

«L’impatto molto forte è stato con la burocrazia, che forse non era abituata a confrontarsi con un politico che veniva da un’esperienza tecnica come la mia e dunque conosceva la materia. Diciamo che sono diventato un tecnico potenziato, perché le decisioni le prende la politica. Spesso ho fatto dei blitz a sorpresa a cave e discariche, miniere e impianti».

C’è una differenza nella gestione di una materia così delicata tra il Nord e il Sud?

«In Sicilia devi imparare il lessico, c’è un codice. Mi hanno aiutato i romanzi di Camilleri, come “La mossa del cavallo”. Le parole in Sicilia hanno un peso diverso, c’è un linguaggio non verbale, c’è una ritualità che bisogna conoscere e rispettare».

Qualche frase che l’ha colpita?

«In ordine sparso alcune mi hanno colpito. È la domanda che fa la risposta. Quando passa la piena piegati come un giunco. A cornuto, cornuto e mezzo. Dette in siciliano hanno una musicalità molto elegante»

Ringraziamenti particolari?

«Sono grato naturalmente al presidente della Regione Nello Musumeci, che mi ha consentito di fare questa esperienza. Ad Antonio De Poli che mi ha proposto per questo incarico. Alle molte persone che mi sono state vicine: il mio staff, il sindaco di Palermo Leoluca Orlando, il vescovo Antonino Raspanti, frate Mauro, l’ex procuratore di Caltanissetta Sergio Lari».

Progetti per il futuro?

«Mi sono sempre ispirato all’attivismo della volontà. Ho cercato di portare la mia esperienza maturata al Nord e poi a Roma e in Campania alla terra siciliana. Adesso si apre una fase nuova. Le risorse del Recovery fund possono aprire molte strade nella gestione ambientale e nella visione integrata della sostenibilità. Ho molti progetti aperti, c’è molto lavoro da fare ma anche molte prospettive per il paese. L’Europa ha posto degli obiettivi molto chiari e l’Italia deve raggiungerli: credo che il piano europeo offra uno scenario importante da cogliere». —



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