Infanticidio, la madre è stata arrestata

Autopsia choc: ha ucciso la figlia con una lama e numerosi colpi all'addome e alla testa. La diciassettenne rinchiusa nel carcere minorile.
BELLUCO - FOTO PIRAN - TREBASELEGHE- LUOGO RITROVAMENTO FETO ABBANDONATO S. AMBROGIO
BELLUCO - FOTO PIRAN - TREBASELEGHE- LUOGO RITROVAMENTO FETO ABBANDONATO S. AMBROGIO

ZERO BRANCO. Ha ucciso la figlioletta vibrandole con una lama numerosi colpi, all’addome e alla testa, subito dopo aver tagliato il cordone ombelicale. Poi ha cercato di sbarazzarsi del corpicino con l’aiuto del giovane compagno e forse l’avrebbe fatta franca, se non fosse stato per l’emorragia che non si arrestava e che l’avrebbe fatta morire dissanguata, se non si fosse rivolta all’ospedale di Camposampiero. L’esito, agghiacciante, dell’autopsia ha convinto anche il procuratore minorile di Venezia, e dopo di lui il Gip, che ci sono tutti i presupposti per arrestare la diciassettenne che il 18 novembre scorso si è sbarazzata della figlia non voluta. I carabinieri di Piombino Dese hanno arrestato la ragazza ieri alle 17, pesantissime le accuse nei suoi confronti: omicidio doloso aggravato nei confronti di discendente, occultamento di cadavere in concorso e false attestazioni sull’identità personale. Non c’è voluto molto per stendere il verbale d’arresto, poi la ragazza è stata condotta alla Casa circondariale femminile minorile di Pontremoli (Massa Carrara). È indagato in concorso il fidanzato diciottenne residente nel Milanese e domiciliato a Zero Branco (Treviso): di lui si occupa invece la Procura della Repubblica di Padova.

Gli accertamenti investigativi condotti dai carabinieri di Piombino Dese in queste due settimane collimano perfettamente con le prime risultanze dell’autopsia, fornendo così i gravi indizi di colpevolezza che hanno convinto i giudici minorili a disporre la custodia cautelare in carcere.

La situazione. Dall’estate scorsa la ragazza di Trebaseleghe ha una relazione con il giovane giunto dalla Lombardia per lavorare nel comune in cui anche lei vive. Lei è incinta e non vuole portare a termine la gravidanza, si vuole sbarazzare in fretta della creatura che porta in grembo. Nel fine settimana del 15 novembre assieme al fidanzato va a Milano per procurarsi del Cytotec, un farmaco anti-ulcera che preso in dosi massicce provoca l’aborto. Tornata a casa, dopo alcuni giorni decide di assumerlo.

Le contrazioni. Il farmaco fa effetto nella notte fra martedì 17 e mercoledì 18. Poco dopo la mezzanotte, mentre i genitori dormono, la ragazza si chiude in bagno e affronta in silenzio il parto abortivo. La bimba viene espulsa verso la mezzanotte e mezza, il cordone ombelicale viene tagliato utilizzando la forbice che già è in bagno.

L’infanticidio. La piccola nasce viva (lo dimostra il cambiamento dell’accusa da procurato aborto a omicidio) ma la sua esistenza viene troncata subito. Non è ancora accertato se sia stata utilizzata la stessa forbice o un’altra arma bianca. Ma sul corpicino vengono vibrati numerosi colpi, che lacerano testa e addome. C’è sangue dappertutto, la stessa mamma ne continua a perdere. Lei avvolge il corpicino che non respira più in una maglietta e poi in una busta di plastica. Telefona al fidanzato e gli dice di correre da lei. Intanto pulisce il bagno, cerca di cancellare le tracce.

La fossa. Quando il ragazzo arriva - verso l’una e mezza - escono insieme, sempre senza farsi sentire, e raggiungono un campo a poche centinaia di metri di distanza. Lì scavano una piccola buca, profonda una quindicina di centimetri, all’interno della quale nascondono la busta, che coprono di terra. Poi tornano a casa e la ragazza si mette a letto per riprendersi. Il diciottenne resta con lei fino a mattina, poi va a lavorare.

L’emorragia. I genitori della ragazza si svegliano ignari e vanno al lavoro. Lei, che non va più a scuola e fa lavoretti occasionali, resta invece a casa. Continua a perdere sangue ma resiste. Solo a pomeriggio inoltrato si decide a chiamare il fidanzato. Prima di andare all’ospedale si rivolge però a un’amica maggiorenne, che le presta la tessera sanitaria e con quella si fa registrare all’ospedale di Camposampiero verso le 19. Il medico si accorge subito di cosa è successo e informa i carabinieri, che prima vanno a fare accertamenti dall’intestataria del documento e poi mettono sotto torchio il ragazzo. Il castello cade in pochi minuti: sono le 22,30 quando i militari recuperano il corpicino e vanno a fare la prima perquisizione a casa della ragazza. I genitori apprendono sconvolti da loro quanto è accaduto. Viene informata l’autorità giudiziaria minorile, che non dispone alcun provvedimento nei confronti della giovane, la quale trascorre alcuni giorni all’ospedale per riprendersi. Solo l’autopsia eseguita il 27 evidenzia le ferite, insieme all’ipotesi che la bimba avesse più di sette mesi di età gestazionale. E convince ieri i giudici a disporre la custodia cautelare.

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