In fuga dal matrimonio combinato: c’è l’“asilo”
MONTEBELLUNA. L’avvocato montebellunese Francesco Tartini ha ottenuto ieri dal tribunale di Venezia l’asilo in Italia per due moderni Romeo e Giulietta: una coppia di pakistani fuggiti dalla Libia...

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MONTEBELLUNA. L’avvocato montebellunese Francesco Tartini ha ottenuto ieri dal tribunale di Venezia l’asilo in Italia per due moderni Romeo e Giulietta: una coppia di pakistani fuggiti dalla Libia che si sono sposati nonostante le famiglie volessero imporre matrimoni combinati con altre persone.
Lui ha 37 anni e lei poco più di 30 e la loro storia parrebbe romanzesca se non fosse vera. La giovane è figlia di un imprenditore pakistano che viveva nella città libica di Bengasi. Nel 2006 la sua famiglia torna in Pakistan e qui durante una festa di matrimonio la moderna Giulietta conosce il suo Romeo. Nasce una storia d’amore che è però contrastata dalle due famiglie d’origine che stavano pianificando matrimoni combinati per entrambi. I sentimenti della coppia offendono quello che i loro famigliari considerano l’onore dei propri clan e inoltre per la famiglia della nostra Giulietta il suo innamorato è troppo povero. Si sposano segretamente nel 2009, ma il padre della ragazza la riporta in Libia. Il nostro Romeo però non demorde e la raggiunge e alla fine giunge a un accordo con la famiglia di sua moglie: per riappacificarsi promette di pagare una somma di denaro tra dote e risarcimento danni. La coppia si impegna inoltre a non tornare più in Pakistan per “tutelare l’onore” delle famiglie d’origine. Dalla loro unione nascono anche due bambini, ma intanto la Libia precipita nel caos e la famigliola fugge Italia con un gommone di trafficanti. «Per via della presenza dei bambini avevano già ottenuto la protezione umanitaria, ma si trattava di una status provvisorio che poteva essere revocato», spiega Tartini.
Ora il tribunale ha riconosciuto loro la protezione sussidiaria che viene data a chi non ha i requisiti per l’asilo politico ma che andrebbe incontro comunque al rischio di subire un danno grave se tornasse nel Paese d’origine. Un rischio non teorico secondo la tesi di Tartini accolta dal tribunale. «In Pakistan lo stato non offre alcuna concreta tutela contro questo tipo di costrizioni. A Bologna è in corso un’indagine sull’uccisione di un ragazzo pakistano avvenuta due anni fa, e che costituirebbe la punizione per aver rifiutato il matrimonio combinato dalla famiglia», conclude il legale. Tartini da tempo è attivo professionalmente sul fronte della difesa dei diritti umani e nella cooperazione internazionale no profit come presidente dell’Avi. I giudici, dandogli ragione, gli hanno fatto un bel regalo - ieri era il suo compleanno - rendendo giustizia a questa coppia colpevole solo di amarsi nonostante l’arcaismo della società in cui sono nati.
Gino Zangrando
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