In aria senza rotta per ore Il giallo del volo “muto”

BORSO DEL GRAPPA. Il cielo come un’immensa prateria dove l’ultraleggero con a bordo i due tedeschi ha viaggiato senza una mèta, senza comunicazioni di rotta, senza piani per ore. Questa l’ipotesi più accreditata ieri tra gli investigatori per spiegare lo schianto avvenuto sabato pomeriggio e scoperto solo ieri, alle prime ore del giorno.
Nessuno sa, con assoluta precisione, da dove fosse arrivato il velivolo, quale rotta avesse seguito e dove fosse diretto prima di schiantarsi al suolo. I carabinieri di Castelfranco e Crespano ieri hanno lavorato ore per cercare di trovare tracce precise scontrandosi però con elementi incerti e frammentari. Secondo una prima ricostruzione il velivolo sarebbe partito da Belluno per puntare Verona stando alla mappa trovata dentro il velivolo. Il fatto è che nella aviosuperfice bellunese nessuno fa menzione del velivolo matricola «OKKUY11» nonostante il gps indichi che esso è passato di lì. Due le possibilità: che abbia solo sorvolato la zona o che sia atterrato in pausa pranzo (tra le 12.30 e le 14). Il velivolo aveva serbatoi capaci di caricare carburante per almeno 4 ore di volo. Li ha esauriti una volta arrivato a Legnago, il campo di volo ben noto ad almeno uno dei due tedeschi che portava al seguito un gagliardetto dell’associazione veronese di ultraleggeri. Il contatto radio per l’atterraggio è scattato alle 10.20 circa, dieci minuti dopo l’aereo ha toccato terra. «Parlavano un inglese molto stentato», raccontano dalla pista, «non avevano mai annunciato il loro arrivo e sono rimasti il tempo di compilare le pratiche e fare il pieno». Quindici minuti di pausa, poi di nuovo il decollo. «Quando sono partiti», spiega Fabio Crivellente, responsabile della pista, «hanno annunciato di essere diretti al Cinquale, l’aviosuperficie di Massa Carrara, sul Tirreno, altro non hanno detto». La distanza da lì? «Circa 2 ore di volo salvo venti contrari e giri panoramici».Ma allora come mai, poco più di due ore dopo il decollo, l’ultraleggero stava sorvolando il Grappa schiantandosi contro la montagna? È l’ennesimo punto interrogativo di quello che appare a tutti gli effetti come un giallo dell’aria. Le domande infatti sono tantissime, e tutte ad ora senza una risposta. E non si capisce come mai dall’aeroplano non sia mai partito un «Mayday», una telefonata di aiuto o una richiesta di soccorso. Nemmeno dalla Germania è arrivato l’allarme per il silenzio radio dei due avieri. Se non fosse stato per il cacciatore che ieri girava tra i boschi del Grappa, forse, il velivolo e i corpi di Roland Koller e Rudolf Hiemer sarebbero rimasti nascosti nella boscaglia senza che nessuno sapesse dove cercare l’aereo. Resta poi da chiarire un’ultimo dettaglio, non certo trascurabile. Ai comandi del velivolo (immatricolato in Polonia) c’era Hiemer, 49 anni, ma tra i documenti trovati sui corpi dei due tedeschi è spuntata solo la «patente di volo» di Koller che sedeva dietro, rilasciata in Repubblica Ceca.
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