«In 50 anni nessun intervento e il Piave torna a fare paura»

«In queste ore di pioggia sto tremando, come 50 anni fa. Se ritornano i 4 mila metri cubi al secondo del 1966, sarà ancora peggio di allora», trema Diotisalvi Perin, che ha deciso di trasferire la sua azienda vicino al Piave. «Ha ragione, sarà peggio», riconosce Luigi D’Alpaos, ingegnere idraulico tra i più autorevoli in Italia, docente all’università di Padova, anima del piano di protezione della Regione da 2 miliardi e 700 milioni di euro perfezionato dopo l'alluvione del 2010.
Come peggio?
«Da allora non è stata realizzata nessuna grande opera. Tipo Caldogno, per intenderci, il bacino di laminazione alle spalle di Vicenza che sarà inaugurato la prossima settimana, a seguito dell'alluvione del 2010. Qui sono passati 50 anni e non si sono tagliati neppure gli alberi».
Che cosa aveva previsto la Commissione De Marchi incaricata di studiare le opere più urgenti?
«Anzitutto la costruzione del serbatoio di Falzè, con un volume di 90 milioni di metri cubi e quindi con un livello massimo di invaso a 115 m.s.m.».
Una diga o un bacino di laminazione?
«Un bacino di laminazione, alla luce degli ulteriori studi, che si riempie in caso di emergenza e che, come a Caldogno l'acqua ristagna per i giorni di strettissima necessità».
La Commissione De Marchi aveva individuato, per la verità, altre due necessità.
«La realizzazione eventuale, se possibile dal punto di vista geologico, di un serbatoio di medio corso del fiume con una capacità di invaso di 50 milioni di metri cubi, per ridurre eventualmente l'altezza dello sbarramento di Falzè. E poi il sopra invaso dei serbatoi di Pieve di Cadore e del Mis, in provincia di Belluno, ma con adeguamento degli scarichi di fondo per renderli adatti alla funzione di serbatoio anti piena, pur con benefici di laminazione delle portate massime». Di tutto questo, che cosa è stata realizzato in 50 anni?
«Niente. Si è perso il tempo in discussioni e contrapposizioni sterili, nelle quali si sono distinti per l'inconsistenza tecnica dell'argomentare alcuni esponenti (ingegneri e politici) della Marca Gioiosa».
Nelle scorse ore il presidente della Regione, Luca Zaia, ha detto che il primissimo intervento sarebbe quello di pulire il letto del Piave dalla vegetazione che in caso di piene creerebbe l'effetto diga.
«Ci provi, lui che ha coraggio. Troverà purtroppo qualcuno che lo denuncerà».
Zaia ha annunciato, come prossimi, i lavori sul bacino di laminazione di Prà dei Gai-Bassi, a ridosso della confluenza del Meduna nel tratto compreso fra gli abitati di Portobuffolè e Tremacque. Quali effetti avrebbe?
«Con un invaso di circa 26 milioni di metri cubi, il beneficio massimo atteso sulle portate al colmo delle massime piene probabili era stimato, quando è stato ideato, di circa 300 metri cubi al secondo, nell'ipotesi di una regolazione ottimale dell'opera che rilasciasse a valle una portata costante durante tutta la fase di trattenuta della piena stessa, contro una laminazione naturale valutata in circa un centinaio di metri cubi al secondo».
Nel volume "Un giorno, ospite inatteso, arrivò l'alluvione", recentemente edito dalla Fondazione Angelini, lei ha messo sotto accusa una «pianificazione territoriale indegna, che non tiene conto della pericolosità di queste zone». Un esempio?
«Le abitazioni in mezzo al Piave. Sono centinaia. E nella parte superiore del Piave siamo in presenza di una situazione ancora più grave. Il problema sta nel legame sbagliato tra finanziatori, politici e tecnici, tutti dipendenti gli uni dagli altri e mai veramente liberi nelle proprie scelte. L'esempio più terribile lo abbiamo avuto con il disastro del Vajont, il cui bacino era il punto cardine di un sistema idroelettrico che comprendeva tutto l'alveo del Piave e senza il quale il complesso non avrebbe potuto produrre come previsto: per questo fu costruito ad ogni costo, pagandolo con duemila vite umane».
Dunque?
«Bisogna limitare la nostra ingordigia di fronte ai limiti imposti dalla natura. Pensiamo alla splendida conca ampezzana, era necessario costruire in tutti quei punti considerati a rischio? Quando dovremo pentircene?».
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