Impero Mazzorato, fallita la Pluto

Era la società dei negozi della famiglia: gestiva un patrimonio da 20 milioni
Il tribunale di Treviso ha decretato l’ennesimo fallimento nel vasto impero Mazzorato
Il tribunale di Treviso ha decretato l’ennesimo fallimento nel vasto impero Mazzorato
 
Quinto fallimento per la galassia dell'impero Mazzorato. A capitolare stavolta, al tribunale di Treviso, è la «Pluto srl», società contenente i negozi con i quali la famiglia di Castelminio di Resana, titolare di una catena di magazzini di abbigliamento, aveva costruito un piccolo impero immobiliare del valore di oltre 20 milioni di euro.
 Attivi finiti nel concordato della Pluto declassato ora a fallimento dopo che la medesima istanza aveva colpito in serie la holding Melograno e le controllate Leamm, Cdm e Jesolo Trade. Il castello di carte creato su di liquidazioni e concordati preventivi presentati in tribunale è caduto sotto il peso dei debiti. Ultima in ordine di tempo la Pluto, in dissesto dal 2006, anno in cui ha cominciato a chiudere i bilanci in rosso arrivando a una perdita di 2,6 milioni di euro nel 2009.  Oltre ai negozi a marchio Mazzorato, la società deteneva anche il controllo della Cdm, anima commerciale del gruppo che fino all'anno scorso contava 150 dipendenti. Il calo delle vendite ha comportato il mancato pagamento dei canoni di affitto alla Pluto, che ha cominciato così a far saltare a sua volta i pagamenti verso i propri creditori. Un effetto domino di cui è rimasto vittima l'intero gruppo di moda, passato in parte nelle mani dei Magazzini Zanchetta, affittuari di un ramo di Mazzorato e firmatari di un preliminare da circa 10 milioni con il quale si sono assicurati cinque negozi: Castelminio di Resana, Trieste, Udine, Marghera e Vigonza.  Una fetta importante della vasta rete di negozi di abbigliamento - 15 in tutto - che la famiglia Mazzorato ha dovuto vendere per fare fronte ai debiti e salvare parte della forza lavoro.  Secondo il piano concordatario, la Pluto doveva tornare l'intero credito ai privilegiati mentre i chirografari dovrebbero venir ripagato al 10% circa. I debiti sono rilevanti: 13,9 milioni quelli vantati dalle banche, ora protagoniste del nuovo rito fallimentare.  La parola passerà ora ai giudici trevigiani chiamati a prendere in mano la procedura e decidendo in prima persona la strada migliore per dare soddisfazione ai creditori. Il precedente lavoro era stato invece approntato da un commissario e un curatore, che per redigere il concordato hanno chiesto un compenso totale di 450 mila euro, cui si aggiungono altri 230 mila euro per professionisti e periti chiamati a valutare gli attivi del piano. (e.l.t.)

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