Immigrati, spunta la cassa peota anti-crisi

Tirano la cinghia a più non posso, accettano qualsiasi tipo di lavoro pur di sopravvivere, si alimentano con cibi poco costosi. Ma creano anche reti informali di sostegno reciproco, tipo cassa peota, per darsi una mano in assenza della rete familiare che li sostiene. Ad adottare questa strategia anti-crisi sono i nostri immigrati, fra i primi a patire gli effetti della disoccupazione. A parlare del fenomeno è la Caritas di Treviso. «Queste casse comuni nascono di solito dentro le associazioni», racconta don Davide Schiavon, direttore della Caritas Tarvisina, «Ogni membro mette una quota e questi soldi servono poi a dare una mano a chi sta attraversando un momento di difficoltà». Ad esempio, chi non riesce a pagare l’affitto e rischia di finire su una strada. Ma anche chi non ce la fa a pagare le bollette. Ad organizzarsi in questo modo è stata l’associazione Maliana delle Tre Venezie. Ma non è il solo gruppo ad averlo fatto. Ci sono anche casi di solidarietà interetnica, ossia immigrati provenienti da paesi diversi, ma magari vicini di casa, che si danno una mano in questo modo. «È una delle strategie per andare avanti», continua Schiavon, «A questo si aggiunge anche il ricorso a un’alimentazione limitata a cibi poco costosi, come pasta e patate, l’accettare lavori poco remunerativi e occasionali che non garantiscono un reddito sufficiente per le famiglie. Così capita spesso che i padri rimandino nel loro paese moglie e figli per un periodo, in attesa che la crisi finisca». Anche se non si parla di rientri di massa. Almeno per quanto riguarda Treviso. Secondo i dati dell’ultimo Dossier Caritas sull’immigrazione, presentati ieri in via Venier, la Marca è la prima provincia in Veneto per capacità di «trattenimento» degli stranieri: oltre l’82% di coloro che hanno avuto un permesso di soggiorno nel 2007 a Treviso, l’hanno rinnovato nella stessa provincia. Treviso, Vicenza e Verona sono le province venete che più hanno saputo trattenere gli stranieri nel proprio territorio. Questo per quel che riguarda gli stranieri in regola. I residenti sono 105 mila, l’11,8% della popolazione. La nazionalità più numerosa è quella dei romeni (18,8%), seguiti da marocchini (11,7%) e albanesi (10%). Per quanto riguarda gli stranieri non in regola, la Tarvisina è critica verso l’ultima sanatoria: «A Treviso le richieste di regolarizzazione sono state solo 1.368: i requisiti per ottenere la regolarizzazione erano troppo stringenti e l’esborso economico da parte dei datori di lavoro era troppo alto. Forse, l’obiettivo non era regolarizzare».(l.c.)
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